mercoledì 29 giugno 2011

Risparmio energetico? Sì grazie!

 Sarebbe bello se vi fosse un semplice gesto che ci permettesse di far bene contemporaneamente alle persone, all’ambiente e alle nostre tasche. Ops! Scusate, una volta tanto il condizionale non è d’obbligo. Il vostro affezionato Panda riformulerà quindi il concetto in modo più preciso: esiste un modo molto semplice per migliorare drasticamente la salute delle persone, la salvaguardia dell’ambiente ed incrementare le nostre finanze personali (e collettive) e quel modo si chiama risparmio energetico!

Oggigiorno il concetto viene associato istintivamente ad una sorta di pedanteria fastidiosa e stucchevole, stile lista dei buoni propositi per gli anni a venire, ma a ben guardare il risparmio energetico è una vera e propria spina nel fianco del iper-consumismo e del liberismo sfrenato che stanno devastando le nostre esistenze. Vediamo un po'...

...quando si parla di energia, il più delle volte, assistiamo a infinite ed aspre diatribe su quale sia la fonte energetica migliore date le alternative a nostra disposizione. Eppure non è certamente un segreto che la migliore in assoluto, sia economicamente sia ecologicamente, è semplicemente l’energia che non sprechiamo. Uno spreco, per definizione, è un costo che non arreca nessuna utilità. Il risparmio quindi, in quest'ottica, è ciò che ci evita un costo che ci arrecherebbe solo danni e nessun profitto. Parrebbe sensato farci un pensierino, non credete? La tecnologia che ci permette di risparmiare energia, non è esotica come la fusione fredda o l'idrogeno, ma è estremamente pragmatica, rodata ed economica e, spesso, essa stessa è a costo zero.

Sprecare energia vuol dire sprecare i propri soldi con l’unico risultato di rendere l’ambiente in cui tutti viviamo peggiore e la nostra salute di conseguenza. Quei peggioramenti non sono solo conseguenze morali del nostro agire, ma anche costi ulteriori che qualcuno dovrà pagare. Se i fiumi straripano più spesso, i raccolti subiscono più danni o andiamo tutti più spesso dal dottore qualcuno dovrà sborsare più soldi. Il fatto che quell'esborso economico sia posticipato, suddiviso tra molti (in modo iniquo per altro) e non sia immediatamente associabile alle azioni che l'hanno generato, non fa nessuna differenza: in un modo o nell'altro bisogna pagare. Il PIL che esclude dalla sua contabilità quei costi, fa sembrare oro ciò che è la parte peggiore dell'umanità. Il mondo sta letteralmente morendo di PIL.

Il risparmio energetico, che si contrappone a questa assurda logica, dovrebbe attirare finanziatori come il miele per gli orsi, ma così non è. Se c'è qualcosa che la realtà economica insegna, è che l'essere umano non è affatto un decisore razionale. Le persone normalmente preferiscono gettare i propri soldi in ardite speculazioni finanziarie (che non di rado si rivelano essere delle vere e proprie truffe) o, peggio ancora, preferiscono gettare i propri soldi in biglietti della lotteria o analoghi, nell'illusoria speranza di trovar la felicità "facendo il botto". L'unico motivo di questo assurdo comportamento parebbe essere che la lotteria o la speculazione non richiede alcun reale sforzo di comprensione. Tutto si riduce all'acquisto di biglietto o di un titolo finanziario: vane speranze gettate nel letame della propria pigrizia ed avidità. Come persone meritiamo molto di più di questo triste prendersi in giro da soli. Il risparmio energetico è un modo come un'altro per uscire da questa apatia esistenziale. Chiunque può farlo, ci sono infiniti modi, dal più minuscolo al più grande. Non si tratta solo di comprae lampade a risparmio, frangiflusso, isolanti e guarnizioni, ecc... Tutto questo va benissimo ma è limitato alla nostra casetta. Si può osare molto di più. Acquistando prodotti a Km zero, prodotti nazionali e di stagione, acquistando prodotti biologici, equosolidali, sfusi, acquistando prodotti "etici", non si fa solo qualcosa di "buono", ma si aumenta esponenzialmente l'efficienza del sistema in cui si vive, si riducono i "danni collaterali", si fanno girare i soldi all'interno della propria comunità. Il risparmio energetico può e deve essere anche indiretto. Coltivare un piccolo orto (o anche solo le piante aromatiche sul davanzale o sul balcone per chi vive in appartamento) da soddisfazione, fa vivere meglio ed in salute, fa risparmiare soldi e aumenta enormemente l'efficienza energetica dei nostri consumi domestici. Lo stesso vale se si usa il più possibile la bicicletta, i mezzi pubblici o se si usa il metano al posto del gasolio per spostarsi, ecc... ecc... Le possibilità dirette ed indirette di ridurre il consumo energetico dei nostri stili di vita è pressochè infinito.
Tutti sappiamo (chi più chi meno) che è la cosa giusta da fare. Non impegnarci, come generazione, nel risparmio di energia e risorse, può risultare un vero e proprio fallimento storico e forse persino biologico. Un disastro materiale ed umanitario di proporzioni immani ed un'onta morale da cui la nostra società non potrà mai più risollevarsi.

Possono sembrare discorsi generici ed astratti, se non si conoscono i numeri dell'inefficienza energetica, ad esempio, quelli sui i morti all’anno per smog o per fenomeni climatici estremi oppure quelli sulla situazione dei pozzi di petrolio o quelli dei terreni coltivabili, ecc... Il Panda non si riferisce a previsioni o a dati futuri, ma a quelli attuali. Nonostante quel che si sente in giro, non siamo più nell'epoca in cui si poteva dire "se non cambiamo, tra 20 o 30 anni...". I 20 o 30 anni sono già trascorsi, senza che nemmeno ce ne accorgessimo. Si prenda ad esempio l'inefficenza dei trasporti, le conseguenze non sono solo un pesante carovita in costante peggioramento, ma anche una valanga di morti in incidenti e a causa dello smog. Il solo smog, provocato dal traffico automobilistico, ha enormi costi sociali, sanitari e produttivi, costi che, al di la del piano morale, una nazione deve coprire con valanghe di soldi sonanti. Quei costi enormi paiono ancora più pesanti, se si considera quanta parte derivi da abitudini e pratiche totalmente superflue od illogiche. Lo spreco infesta sistematicamente i nostri processi produttivi e le nostre modalità di consumo ad un punto tale che si è stratificato, non solo fisicamente ed economicamente, divenendo cultura di massa. Una massa che accetta ed anzi esige come un diritto mostri come l'usa-e-getta, l'acqua in bottiglia, i SUV, l'obsolescenza tecnologica programmata, ecc... ecc...

L'aspetto culturale è cruciale, perchè a capo di ogni strategia industriale o politica, c'è sempre il comportamento d'acquisto delle persone. E' tanto fondamentale che, quel po' di risparmio energetico che la nostra società dei consumi è riuscita a produrre, nel suo malato sistema culturale ha creato maggiori consumi. Si tratta del cosiddetto paradosso di Jevons, secondo cui l'aumento di efficienza si traduce normalmente in una diminuzione di costi che, in genere, aumenta i consumi. Questo però accade non perchè l'universo sia un posto crudele, ma perchè così tendiamo a fare noi consumatori: se un televisore LCD consuma meno energia di uno a tubo catodico, la magioranza dei consumatori tenderà a prendere un LCD talmente più grande rispeto al precedente da aumentare anzichè ridurre il consumo elettrico dei televisori in circolazione. Questa tendenza tuttavia non è inevitabile, è culturale. E' la naturale conseguenza di una cultura di massa che pone in cima al suo intero sistema di valori il consumo in quanto tale nell'illusoria speranza di raggiungere una felicità sempre più sfuggente. Affinchè il risparmio energetico sia un reale risparmio, occorre anzitutto cambiare mentalità, riappropriarsi del gusto delle proprie iniziative.
Un'altro sintomo del peso della questione culturale lo si vede anche con una "passione" per le energie rinnovabili che puzza di falso. L'impegno nelle rinnovabili è scarso, ma l'enfasi mediatica è tanta. Perchè? Perchè la nostra cultura tende, malignamente o in buona fede a seconda dei casi, a cercare scuse per continuare a fare ciò che fa (sprecare!) pur sapendo benissimo che è sbagliato. Non si fraintenda, le energie rinnovabili sono una gran cosa e il Panda le difenderà sempre a spada tratta, ma sono solo una parte della soluzione del problema e la parte di gran lunga minore. Persino la più verde delle tecnologie verdi non è del tutto verde, perché consuma delle risorse e dell’energia per essere essa stessa prodotta. Inoltre le energie rinnovabili non eliminano la nostra macroscopica tendenza allo spreco. Al contrario, come si diceva, rischiano di divenire una comoda scusa psicologica per espanderla. Se non fossimo culturalmente malati, l'enfasi mediatica, si dovrebbe concentrare innanzitutto sul risparmio energetico e solo secondariamente sulle energie rinnovabili. Le tecnologie del risparmio energetico non solo sono più economiche e stabili, ma spesso non sono nemmeno tecnologie, ma semplici comportamenti oppure forme organizzative più efficienti del lavoro. Inoltre, a differenza dei combustibili fossili e delle stesse energie rinnovabili, i bacini di spreco sono molto, molto, molto vasti. Il risparmio energetico quindi è una risorsa energetica abbondantissima se solo si decidesse seriamente di sfruttarla.

Dal punto di vista razionale, quindi, nulla sarà mai tanto vantaggioso quanto l’evitare, con l'uso del solo buonsenso, di fare cose estremamente stupide come immettere in atmosfera più CO2 di quanta ne possano assorbire gli oceani (o fesserie del genere) senza trarne per altro una qualche utilità.
Se si analizzano i flussi d’energia dei processi produttivi attuali, infatti, ci si rende presto conto che lo spreco non è affatto l’eccezione o al più un difetto da corregere, come ci viene insegnato e verrebbe da pensare. Lo spreco nella nostra economia è la regola. Ragionando le nazioni in termini di PIL non può che essere così.

L’agricoltura è un esempio lampante di quel che il vostro Panda intende. L’agricoltura industriale fa uso massiccio di combustibili fossili, sia per la lavorazione meccanizzata dei terreni e dei raccolti, sia per l’irrigazione, sia per l’uso intensivo di fertilizzanti, pesticidi e diserbanti, sia per la lavorazione, il trasporto e l’imballaggio del prodotto, sia per la sua commercializzazione e reclamizzazione. Si consideri inoltre che la diffusione dei centri commerciali ha ulteriormente espanso questo spreco dovendo creare enormi ambienti chiusi perennemente climatizzati ed illuminati, raggiungibili quasi esclusivamente tramite auto e per questo stesso motivo cementificatori ambientali senza paragoni a causa della necessità intrinseca di creare parcheggi adeguati. Per ogni caloria di cibo prodotta ne sono sprecate a bizzeffe in termini di petrolio, gas ed elettricità. Gran parte del cibo così catastroficamente prodotto verrà comunque sprecato per questioni di politica commerciale da parte della grande distribuzione e per semplice distrazione da parte del consumatore finale.

L’agricoltura potrebbe essere impostata diversamente. Potrebbe essere priva di lavorazioni inutili e dannose (quali aratura, fertilizzazione chimica, ecc..), vicina al consumatore (a Km zero), di stagione o proveniente da serre a recupero di calore, priva dell’abuso di carni bovine (insostenibili) e variegata (quindi pure più sicura in termini di raccolto e biodiversità). Con gli orti urbani, i tetti verdi e il vertical farming si può arrivare ad incorporare l’agricoltura nel contesto urbano con notevoli vantaggi energetici e di trasporto, uniti ad una freschezza del prodotto senza eguali. I costi di una tale transazione sarebbero virtualmente zero se confrontati con gli sprechi attuali. Inoltre il prodotto finale sarebbe molto migliore e, come la scienza ci insegna, sarebbe di conseguenza migliore pure la nostra salute. I problemi che impediscono tale transizione non sono né economici, né tecnologici, ma esclusivamente culturali e di concentrazione di interessi. La multinazionale che vende fertilizzante o ogm a mezzo mondo vuole continuare a farlo e per garantirsi tale opportunità farà di tutto, ma soprattutto creerà i presupposti culturali affinché i piccoli produttori da una parte ed i consumatori finali dall’altra rimangano eternamente vincolati al suo modo di fare agricoltura.

Ciò che vale per l’agricoltura vale per qualsiasi settore produttivo. Se vogliamo liberarci dei parassiti che infestano le nostre economie, ciò di cui bisogna armarsi è la cultura. Al giorno d’oggi la cultura può essere prodotta e diffusa quasi a costo zero. Quindi, in estrema sintesi, il mondo può essere salvato a costo zero.


Buon futuro e tanta cultura a tutti dal Panda.

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