giovedì 14 luglio 2011

Salviamo i mari!

Il Mediterraneo è agonizzante e gli oceani di tutto il mondo non stanno meglio. L’inquinamento e i cambiamenti climatici stanno stravolgendo gli ecosistemi più vasti del nostro pianeta (che per due terzi è sommerso). A queste catastrofiche condizioni va aggiunto il brutale sovrasfruttamento delle riserve ittiche che da decenni sta sterilizzando i nostri mari. Reti a strascico, pescherecci industriali, sofisticate tecnologie sonar, corruzione e l’assenza del pur minimo rispetto delle regole (sia quelle legali sia quelle di buonsenso) ci hanno portati a livelli di devastazione e destabilizzazione mai visti. Le fallimentari politiche comunitarie sulla “gestione” delle riserve ittiche degli anni scorsi vanno riscritte. Il WWF sta raccogliendo “firme” online per una petizione da rivolgere alle istituzioni europee per chiedere di fissare regole e obiettivi volte a creare una pesca sostenibile (qui). Il vostro affezionato Panda, nonostante l’ovvia “vicinanza” al logo del WWF, non prova particolare simpatia per quell’associazione. Anzi, per onor del vero, ha sempre provato una certa diffidenza verso le grandi associazioni ambientaliste. Tuttavia il vostro affezionato Panda invita tutti a partecipare alla petizione del WWF. Incoerenza? No, semplice e ordinaria disperazione: non è più il tempo delle divisioni, dei “ma”, dei “se” e dei “però”. Di certo non è più il tempo dei “lo farò dopo”; bisogna agire e farlo ora. Come? Con qualsiasi strumento non-violento si abbia a disposizione. Perché? Vediamo...

...attentare agli ecosistemi marini è un’azione che stiamo intraprendendo con ogni mezzo da decenni. Il “problema” è che il mare è “di tutti e di nessuno” e questa, si sa, è una condizione che ha sempre spinto la cupidigia umana oltre ogni limite. Come si suole dire: l’occasione rende l’uomo ladro. Beh, pare proprio che sette miliardi di ladri siano un po’ troppi persino per il mare. Il mare è di tutti, il pesce è di tutti, ma il guadagno è di pochi: per voi può funzionare un sistema così? La pesca, in fin dei conti, non è altro che caccia fatta in mare. Andiamo tanto fieri della nostra evoluzione da cacciatori/raccoglitori ad esseri tecnologicamente evoluti, da non accorgerci che di fatto siamo ancora in massima parte dei cacciatori/raccoglitori. La scienza e la tecnologia hanno occultato più che rimosso questa nostra insana propensione al saccheggio. “Il mare” , come dicevano una volta i pescatori, “è grande”. L’abbondanza sconfinata del mare, purtroppo è stata per noi (e per lui) la peggior sciagura immaginabile, perché il mercato ha riguardi solo per ciò che è raro (come l’oro), mentre tende a disprezzare e trattar senza riguardi tutto ciò che è abbondante. Può anche darsi che per la legge della domanda e dell’offerta ciò abbia senso, ma “raro” però non vuol dire utile e viceversa “abbondante” non vuol dire inutile. Il mare è grande, ma non grande abbastanza per il consumismo, per cui nulla lo sarà mai. Così è da decenni che il mare agonizza nell’indifferenza “globale”. Se quell’agonia porterà (a breve) ad una vera e propria morte, l’umanità scoprirà d’un colpo che senza mare non si sopravvive anche se non si è pescatori.

Quanto siamo vicini ad una “morte” del mare?

Se non “molto”, per lo meno abbastanza vicini da non saper più dire se si sia già oltrepassato il punto di non ritorno. Il che, non so per voi, ma per il Panda vuol dire che siamo “troppo” vicini!

A questo punto qualcuno penserà che parlare di “morte del mare” sia un’esagerazione. Qualcuno penserà che si tratti “solo” del solito vecchio problema della biodiversità. Quando si parla di biodiversità, tuttavia, spesso ci si scorda che portare ad estinzione una specie vivente (qualunque essa sia) non è come togliere un prodotto dagli scaffali di un supermercato. Gli animali ed i vegetali che compongono un ecosistema (a differenza dei nostri prodotti sugli scaffali che spesso ne contengono i cadaveri) sono entità in stretta relazione gli uni con gli altri. Gli ecosistemi (marini e non), come noto, sono delle reti di relazioni intricatissime. Reti in cui però l’uguaglianza non esiste. Non c’è uguaglianza nel senso che, semplificando, negli ecosistemi, moltissime specie sono in rapporti con poche altre, mentre alcune (poche) sono in rapporto con tantissime altre. La nostra conoscenza degli ecosistemi, soprattutto di quelli marini, è limitata. Di fatto non conosciamo tutte le specie viventi, figuriamoci tutte le relazioni che le uniscono e i pesi che una singola specie riveste effettivamente rispetto all’intero ecosistema oceanico. L’estinzione di una specie, quindi, allo stato attuale è come una lotteria al contrario: è più facile che si estingua una delle tantissime specie “poco rilevanti”, anziché una di quelle rarissime che sorreggono l’intero ecosistema. Anche se le specie sono milioni, il rischio non è trascurabile visto che è da decenni che continuiamo notte e giorno a giocare a questa strana lotteria. Ad ogni estrazione il numero di specie cala ed il rischio di “pescarne” una fondamentale aumenta. Se per la nostra noncuranza dovessimo continuare la lotteria fino a distruggere la o le poche specie cardine su cui si regge il tutto, vinceremmo un premio davvero poco ambito: un’estinzione di massa, ossia un evento simile a quello in cui sparirono dalla faccia della terra i dinosauri. Estinguere specie alla cieca, come stiamo facendo ora, equivale ad una roulette russa. L’iper-sfruttamento dei mari per mezzo di una pesca demenziale che non consente nemmeno la riproduzione delle specie commercialmente più pregiate è una follia. Una follia che non ci possiamo più permettere sotto tutti i punti di vista. Non si tratta nemmeno più di ecologia, è economia reale: non c’è più pesce nei mari, quindi i pescatori e gli armatori fanno la fame e cessano l’attività. Questo non in un lontano futuro e nemmeno in uno prossimo. Sta già accadendo da alcuni anni. Per ora sta toccando soprattutto ai “pesci piccoli”, cioè proprio a quei pescherecci che a causa di motori meno potenti e reti più piccole arrecano meno danno. Presto toccherà a tutti.

La petizione del WWF (qui) è un mezzo come un altro per far sapere ai politici e ai pescatori grandi e piccoli che così non va e che noi li osserviamo, perché il mare è anche e soprattutto nostro (che siamo MOLTI più di loro).


Buon futuro a tutti dal Panda

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