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Naomi Klein Foto di Mariusz Kubik |
Quanto segue è la traduzione (assolutamente dilettantesca, ma quanto più possibile letterale) di un articolo della famosa scrittrice, giornalista ed attivista canadese Naomi Klein. L'articolo originale, in inglese, è apparso su New Statesman (ed è stato ripreso su Common Dreams). La traduzione che segue invece è stata effettuata dal vostro affezionato Panda (che NON è un traduttore di professione). A chiunque conosce l'inglese il Panda consiglia quindi di vedere l'originale qui.
Per tutti gli altri, il consiglio è di portare un po' di pazienza (credo ne vale la pena) e...
...buona lettura dal Panda!
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In che modo la scienza ci sta dicendo a tutti di ribellarci
di Naomi Klein
In che modo la scienza ci sta dicendo a tutti di ribellarci
di Naomi Klein
Pubblicato il 29 ottobre 2013 10:00 su New Statesman
Nel
dicembre 2012, un ricercatore sui sistemi complessi dai capelli rosa
di nome Brad Werner si è fatto strada tra la folla di 24.000
scienziati specializzati sulla terra e lo spazio del Meeting sul
collasso della American Geophysical Union, che si tiene ogni anno a
San Francisco. La conferenza di quest'anno ha avuto tra i
partecipanti alcuni grandi nomi, da Ed Stone del progetto Voyager
della Nasa, che ha illustrato una nuova pietra miliare nel cammino
verso lo spazio interstellare, al regista James Cameron, che ha
parlato delle sue avventure con sommergibili in acque profonde.
Ma
è stata proprio la sessione di Werner a suscitare gran parte dello
scalpore. Era intitolata "La Terra è F**tuta?" (Titolo
completo: "La Terra è F**tuta? La futilità dinamica della
gestione ambientale globale e le possibilità per la sostenibilità
tramite l'Attivismo ad Azione Diretta").
Dinnanzi
alla sala conferenze, il geofisico della University of California di
San Diego ha accompagnato il pubblico attraverso l'avanzato modello
al computer che stava usando per rispondere a questa domanda. Ha
parlato di limiti di sistema, perturbazioni, dissipazione,
attrattori, biforcazioni e un sacco di altre cose in gran parte
incomprensibile a chi di noi non iniziati alla teoria dei sistemi
complessi. Ma la linea di fondo è stata abbastanza chiara: il
capitalismo globale...
...ha reso l'esaurimento delle risorse tanto rapido, comodo e privo di barriere che, in risposta, "i sistemi terra-uomo" stanno diventando pericolosamente instabili. Quando è stato pressato da un giornalista per una chiara risposta sulla questione se "siamo f**tuti" , Werner ha messo da parte il gergo e risposto: "Più o meno".
...ha reso l'esaurimento delle risorse tanto rapido, comodo e privo di barriere che, in risposta, "i sistemi terra-uomo" stanno diventando pericolosamente instabili. Quando è stato pressato da un giornalista per una chiara risposta sulla questione se "siamo f**tuti" , Werner ha messo da parte il gergo e risposto: "Più o meno".
C'era
tuttavia una dinamica del modello che offriva qualche speranza.
Werner la definì "resistenza" - movimenti di "persone
o gruppi di persone" che "adottano un certo insieme di
dinamiche che non rientrano nell'ambito della cultura capitalista".
Secondo l'abstract della sua presentazione, ciò include "l'azione
ambientalista diretta, la resistenza assunta al di fuori della
cultura dominante, come in proteste, blocchi e sabotaggi da parte dei
popoli indigeni, operai, anarchici e di altri gruppi di attivisti".
Gli
incontri scientifici seri di solito non danno risalto a richieste di
resistenza politica di massa, ancor meno all'azione diretta e al
sabotaggio.Ma, d'altra parte, Werner non stava esattamente
richiedendo queste cose. Egli stava semplicemente osservando che le
insurrezioni di massa della gente - simili al movimento
abolizionista, al movimento per i diritti civili o ad Occupy Wall
Street - rappresentano la fonte più probabile di "attrito"
per rallentare una macchina economica che sta andando fuori
controllo. Sappiamo, ha fatto notare, che i movimenti sociali del
passato hanno "avuto un enorme influenza su. . . come la cultura
dominante si è evoluta". Quindi è ovvio che, "se stiamo
pensando al futuro della terra, e al futuro della nostra congiunzione
all'ambiente, dobbiamo includere la resistenza come parte di quella
dinamica". E che, ha sostenuto Werner, non si tratta di una
questione di opinioni, ma "in realtà di un problema geofisico".
Un
sacco di scienziati sono stati mossi dai risultati delle loro
ricerche ad agire nelle strade. Fisici, astronomi, medici e biologi
sono stati in prima linea in movimenti contro le armi nucleari,
l'energia nucleare, la guerra, la contaminazione chimica ed il
creazionismo. E nel novembre 2012, Nature ha pubblicato un commento
da parte del finanziere e filantropo ambientalista Jeremy Grantham
esortando gli scienziati ad unirsi a questa tradizione e di "essere
arrestati se necessario", perché il cambiamento climatico "non
è solo la crisi della vostra vita - è anche la crisi dell'esistenza
della nostra specie".
Alcuni
scienziati non hanno bisogno d'essere convinti. Il padrino della
moderna scienza del clima, James Hansen, è un attivista formidabile,
essendo stato arrestato una mezza dozzina di volte per aver fatto
resistenza al mountaintop removal delle miniere di carbone ed agli
oleodotti delle sabbie bituminose (ha anche lasciato il suo lavoro
alla Nasa quest'anno, in parte per avere più tempo per l'attivismo).
Due anni fa, quando sono stata arrestata davanti alla Casa Bianca in
una azione di massa contro l'oleodotto per le sabbie bituminose
Keystone XL, una delle 166 persone in manette quel giorno era un
glaciologo di nome Jason Box, un esperto di fama mondiale sulla
fusione della calotta di ghiaccio della Groenlandia .
"Non
avrei potuto mantenere il mio amor proprio, se non fossi andato,"
ha detto Box, allora, aggiungendo che "il solo votare non sembra
essere sufficiente in questo caso. Ho bisogno di essere anche un
cittadino".
Questo
è lodevole, ma quello che Werner sta facendo con la sua modellazione
è diverso. Lui non sta dicendo che la sua ricerca lo ha spinto ad
agire per fermare una particolare politica; sta dicendo che la sua
ricerca dimostra che il nostro intero paradigma economico è una
minaccia per la stabilità ecologica. E, in effetti, che sfidando il
paradigma economico - attraverso il movimento di massa di
contro-pressione - è la migliore chance dell'umanità per evitare la
catastrofe.
Questa
è roba forte. Ma non è il solo. Werner è parte di un piccolo ma
sempre più influente gruppo di scienziati le cui ricerche nella
destabilizzazione dei sistemi naturali - in particolare del sistema
climatico - li sta portando ad analoghe conclusioni trasformative e
persino rivoluzionarie. E per ogni rivoluzionario segreto che abbia
mai sognato di rovesciare l'attuale ordine economico a favore di uno
che sia un motivo un po' meno probabile dell'impiccarsi a casa
propria dei pensionati italiani, questo lavoro dovrebbe essere di
particolare interesse. Perchè rende lo scaricare questo crudele
sistema a favore di qualcosa di nuovo (e, forse, meglio, con un sacco
di lavoro) non più una questione di mera preferenza ideologica, ma
piuttosto una necessità esistenziale a livello di specie.
In
testa al gruppo di questi nuovi rivoluzionari scientifici c'è uno
dei massimi esperti del clima della Gran Bretagna, Kevin Anderson, il
vice direttore del Tyndall Centre for Climate Change Research, che si
è rapidamente affermata come una delle principali istituzioni di
ricerca sul clima del Regno Unito. Affrontando tutti, dal
Dipartimento per lo Sviluppo Internazionale al Consiglio Cittadino di
Manchester, Anderson ha trascorso più di un decennio con pazienza
traducendo le implicazioni della recente scienza del clima per
politici, economisti e attivisti. Con un linguaggio chiaro e
comprensibile, egli delinea un rigoroso piano d'azione per la
riduzione delle emissioni, uno che fornisca una chance decente di
mantenere l'aumento della temperatura globale al di sotto dei 2°
Celsius, un obiettivo che la maggior parte dei governi ha stabilito
dovrebbe scongiurare la catastrofe.
Ma
negli ultimi anni gli studi e le presentazioni di Anderson sono
diventati più allarmanti. Sotto titoli come "Cambiamento
climatico: Andare oltre il pericoloso. . . Numeri brutali e Tenue
Speranza", egli sottolinea che le possibilità di rimanere
all'interno di qualche cosa come i livelli di temperatura di
sicurezza stanno diminuendo rapidamente.
Con
la sua collega Alice Bows, un'esperta di mitigazione del clima al
Tyndall Centre, Anderson fa notare che abbiamo perso così tanto
tempo per lo stallo politico e le deboli politiche climatiche - tutte
mentre il consumo globale (e le emissioni) crescevano a dismisura -
che ora stiamo affrontando tagli così drastici che sfidano la logica
fondamentale della crescita del PIL con priorità sopra ogni altra
cosa.
Anderson
e la Bows ci informano che l'obiettivo di mitigazione a lungo termine
spesso citato - un taglio delle emissioni del 80% al di sotto dei
livelli del 1990 entro il 2050 - è stato scelto solo per ragioni di
opportunità politica e non ha "alcuna base scientifica".
Questo perché gli impatti climatici non provengono solo da quello
che emettiamo oggi e domani, ma dalle emissioni cumulative che si
accumulano nell'atmosfera nel corso del tempo. Ed avvertono che,
concentrandosi su obiettivi di tre decenni e mezzo nel futuro -
piuttosto che su ciò che possiamo fare per tagliare il carbonio
drasticamente e subito - vi è il serio rischio che permetteremo alle
nostre emissioni di continuare a salire negli anni a venire,
sperperando così di gran lunga troppo del nostro "budget del
carbonio" a 2° e mettendoci in una posizione impossibile più
tardi nel secolo.
Il
che è il motivo per cui Anderson e Bows sostengono che, se i
governi dei paesi sviluppati sono seri riguardo al centrare il
bersaglio internazionale concordato di mantenere il riscaldamento al
di sotto dei 2° Celsius,
e se le riduzioni devono rispettare qualche tipo di principio di
equità (in sostanza che i paesi che hanno emesso carbonio per gran
parte dei due secoli debbano tagliare prima dei paesi in cui più di
un miliardo di persone non hanno ancora energia elettrica), allora le
riduzioni devono essere di gran lunga più profonde, ed hanno bisogno
di avvenire assai prima.
Per
avere giusto un 50% di possibilità di centrare il bersaglio dei 2°
(che, loro e molti altri mettono in guardia, comporta già far fronte
ad una serie di impatti climatici estremamente dannosi), i paesi
industrializzati hanno bisogno per iniziare a tagliare le loro
emissioni di gas serra di qualcosa come il 10% all'anno - ed hanno
bisogno di iniziare subito. Ma Anderson e Bows vanno oltre,
sottolineando che questo obiettivo non può essere raggiunto con
l'assortimento di un limitato carbonpricing oppure con le soluzioni
green-tech solitamente promosse dai grandi gruppi verdi. Queste
misure saranno certamente di aiuto, senza dubbio, ma semplicemente
non sono abbastanza: un calo del 10% delle emissioni, anno dopo anno,
è praticamente senza precedenti da quando abbiamo iniziato ad
alimentare le nostre economie con il carbone. Di fatto, tagli sopra
al 1% all'anno "sono stati storicamente associati solo con
recessione economica o sconvolgimento", come l'economista
Nicholas Stern espose nel suo rapporto del 2006 per il governo
britannico.
Anche
dopo il crollo dell'Unione Sovietica, riduzioni di tale durata e
profondità non sono avvenute (i paesi dell'ex Unione Sovietica hanno
sperimentato una riduzione media annua di circa il 5% per un periodo
di dieci anni). Non accadde dopo che Wall Street si schiantò nel
2008 (i paesi ricchi hanno avvertito un calo di circa il 7% tra il
2008 e il 2009, ma le loro emissioni di CO2 rimbalzarono con gusto
nel 2010 e le emissioni in Cina ed India hanno continuato a salire).
Solo nel periodo immediatamente successivo al grande crollo del
mercato del 1929 provato dagli Stati Uniti, per esempio, si vede un
calo di emissioni per diversi anni consecutivi di oltre il 10%
all'anno, secondo i dati storici del Carbon
Dioxide Information Analysis Centre
. Ma quella fu la peggiore crisi economica dei tempi moderni.
Se
vogliamo evitare quel tipo di carneficina, rispettando i nostri
obiettivi di emissione su base scientifica, la riduzione del carbonio
deve essere gestita con attenzione attraverso ciò che Anderson e
Bows descrivono come "strategie di de-crescita radicale ed
immediata negli USA, nella UE ed in altri paesi ricchi". Che va
bene, ecceto per il fatto che ci capita d'avere un sistema economico
che feticizza la crescita del PIL sopra ogni altra cosa, a
prescindere dalle conseguenze umane od ecologiche, ed in cui la
classe politica neoliberista ha completamente abdicato alle sue
responsabilità di gestire qualsiasi cosa (dal momento che il mercato
è il genio invisibile a cui tutto deve essere affidato).
Così,
ciò che Anderson e Bows in realtà stanno dicendo è che c'è ancora
tempo per evitare il riscaldamento catastrofico, ma non entro le
regole del capitalismo per come sono attualmente costruite. Il ché
potrebbe essere il miglior argomento che abbiamo mai avuto per
cambiare quelle regole.
In
un saggio del 2012 apparso nell'influente rivista scientifica Nature
Climate Change,
Anderson e Bows posto una sorta di sfida, accusando molti dei loro
colleghi scienziati di non riuscire a fare chiarezza sul tipo di
mutamenti che il cambiamento climatico richiede all'umanità. Su
questo vale la pena citare la coppia in dettaglio:
"...
nello sviluppare gli scenari sulle emissioni, gli scienziati
minimizzano ripetutamente e gravemente le implicazioni delle loro
analisi. Quando si tratta di evitare un aumento di 2° C,
"impossibile" viene tradotto con "difficile ma
fattibile", mentre "urgente e radicale" appare come
"impegnativo" - tutto per placare il dio dell'economia (o,
più precisamente, la finanza). Ad esempio, per evitare di superare
il tasso massimo di riduzione delle emissioni dettata dagli
economisti, "incredibilmente" antichi picchi nelle
emissioni sono dati per scontati, insieme a nozioni ingenue sulla
"grande" ingegneria e sui tassi di diffusione delle
infrastrutture a basso tenore di carbonio. Più preoccupante, siccome
i budget delle emissioni diminuiscono, allora la geoingegneria è
sempre più proposta per garantire che il diktat degli economisti
rimanga indiscusso."
In
altre parole, al fine di apparire ragionevoli nei circoli economici
neoliberisti, gli scienziati sono stati drammaticamente soft nel far
circolare le implicazioni della loro ricerca. Ad agosto 2013,
Anderson era disposto ad essere ancora più schietto, scrivendo che
la barca aveva navigato oltre il cambiamento graduale. "Forse al
momento del Summit della Terra del 1992, o anche a cavallo del
millennio, livelli di mitigazione di 2° C avrebbero potuto essere
raggiunti attraverso significativi cambiamenti
evolutivi internamente
all'egemonia
politica ed economica.
Ma il cambiamento climatico è un problema cumulativo! Ora, nel 2013,
noi nelle nazioni (post-)industriali ad alta emissione siamo di
fronte a una prospettiva molto diversa. Il nostro continuo e
collettivo spreco di carbonio ha dilapidato ogni opportunità per il
'cambiamento evolutivo' offerta dal nostro precedente (e più grande)
bilancio del carbonio a 2° C . Oggi, dopo due decenni di bluff e
bugie, il rimanente budget a 2° C esige un cambiamento
rivoluzionario per
l'egemonia
politica ed economica" (sua l'enfasi).
Probabilmente
non dovremmo essere sorpresi che alcuni scienziati del clima sono un
po'spaventati dalle implicazioni radicali persino delle loro
ricerche. La maggior parte di loro stavano solo facendo
tranquillamente il loro lavoro di misurazione delle carote di
ghiaccio, facendo funzionare modelli climatici globali e studiando
l'acidificazione degli oceani, solo per scoprire, come indicato
dall'australiano Clive Hamilton esperto di clima ed autore, che essi
"stavano involontariamente destabilizzare l'ordine politico e
sociale".
Ma
ci sono molte persone che sono ben consapevoli della natura
rivoluzionaria della scienza del clima. E' per questo che alcuni dei
governi che hanno deciso di mollare i loro impegni sul clima in
favore dello scavare più carbonio hanno dovuto trovare modi sempre
più criminali per zittire ed intimidire gli scienziati delle loro
nazioni. In Gran Bretagna, questa strategia sta diventando sempre più
manifesta, con Ian Boyd, il capo consigliere scientifico presso il
Dipartimento per l'Ambiente, l'Alimentazione e gli Affari Rurali, che
di recente ha scritto che gli scienziati dovrebbero evitare "di
suggerire che le politiche sono giuste o sbagliate" e dovrebbero
esprimere il loro parere "lavorando con consulenti incorporati
(come me), e per essere la voce della ragione, piuttosto che del
dissenso, nella sfera pubblica".
Se
volete sapere dove ciò conduce, verificate cosa sta accadendo in
Canada, dove io vivo. Il governo conservatore di Stephen Harper
ha fatto un lavoro così efficace di imbavagliamento degli scienziati
e di chiusura dei progetti di ricerca critici che, nel luglio 2012,
un paio di migliaia di scienziati e sostenitori hanno tenuto un finto
funerale sulla collina del Parlamento a Ottawa, in lutto per "la
morte dell'evidenza". I loro cartelli dicevano: "Niente
Scienza, nessuna prova, nessuna verità".
Ma
la verità stauscendo fuori comunque. Il fatto che il perseguimento
dei profitti e della crescita del business-as-usual stia
destabilizzando la vita sulla terra non è più qualcosa che dobbiamo
leggere sulle riviste scientifiche. I primi segnali si stanno
svolgendo sotto i nostri occhi. Ed un numero crescente di noi sta
rispondendo di conseguenza: bloccando l'attività di fracking in
Balcombe, interferendo con i preparativi di trivellazione artica in
acque russe (ad un enorme costo personale); portando operatori delle
sabbie bituminose in tribunale per aver violato la sovranità
indigena; ed innumerevoli altri atti di resistenza grandi e
piccoli. Nel modello al computer di Brad Werner, questo è
"l'attrito" necessario per rallentare le forze della
destabilizzazione; il grande attivista climatico Bill McKibben lo
chiama "gli anticorpi" in rivota per combattere
"l'impennata di febbre" del pianeta.
Non
è una rivoluzione, ma è un inizio. E potrebbe giusto farci
guadagnare abbastanza tempo per comprendere un modo di vivere su
questo pianeta che sia nettamente meno f **tuto.
©
2013 The New Statesman
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Naomi Klein Foto di Mariusz Kubik |
Naomi
Klein è una premiata giornalista ed un'editorialista ed autrice di
livello internazionale ed un bestseller del New York Times The
Shock Doctrine: The Rise of Disaster Capitalism,
ora uscito in edizione economica. I suoi libri precedenti includono
il best-seller internazionale, No
Logo: Taking Aim at the Brand Bullies
(che
è appena stato ripubblicato in una speciale 10th
Anniversary Edition),
e la collezione Fences
and Windows: Dispatches from the Front Lines of the Globalization
Debate
(2002).
Per leggere tutti i suoi ultimi scritti visita www.naomiklein.org.
È possibile seguirla su Twitter: @ NaomiAKlein.
Noi stiamo rischiando l'autoeversione geofisica.
RispondiEliminaLa Terra, evidentemente può fare a meno di noi, ma non viceversa.
Molto cinicamente, non me ne importa nulla del miliardo di sazi, me compreso, che si stanno preparando una dipartita crudele e anticipata. Tra vent'anni potrei esssere già cenere.E contemplo l'eventualità che possano essere anche meno di un paio di lustri.
Ma non riesco a guardare faccia a faccia, negli occhi, chiunque non sia gravemente implicato in questa immane devastazione, e mentirgli spudoratamente.
Tra cent'anni e non molto di più saremo, noi oggi vivi, tutti morti, questa sembra essera la stella polare della turbofinanza e turboeconomia contemporanea.
Quindi, divoriamoci l'uovo, la gallina, e il pollaio.Del doman mai v'è stato certezza!
Credo che solo un'ecatombe, intesa nel senso etimologico del termine, sacrificio di cento buoi, possa fermarci nel compimento della catastrofe.
Ecatombe che se non fosse per le menzogne diffuse come pioggia a catinelle, su deserti assetati di verità, sarebbe già visibile a chiunque.Un'ecatombe come prezzo della catarsi salvifica.
Marco Sclarandis
Caro Marco, le ecatombi, come ed ancor più d’ogni altra cosa, possono essere combattute. Non ho idee di come potrà andare l’esito del combattimento (a dire il vero ne ho, ma del futuro non c’è certezza) . A prescindere da tutto, comunque, credo che valga la pena di combattere per questa causa. Se neppure per questa, per quale?
EliminaUn salutoa Marco e a voi tutti dal Panda
Grazie per l'opera di sensibilizzazione e di informazione che effettui per quelli come me che non hanno la voglia di andare a recuperare le notizie personalmente.
RispondiEliminaPurtroppo vedo una contrapposizione di forze assolutamente impari: qualche scienziato e pochi attivisti da una parte e tutto il mondo economico dall'altra. Vale sicuramente la pena lottare... ma a mio parere è saggio contemporaneamente pensare ad una possibile mitigazione degli impatti a livello personale.
In ogni caso grazie ancora. Pier
La “contrapposizione di forze assolutamente impari” è indiscutibile, ma è stato sempre così. La storia, almeno quella che nessun libro scolastico racconta, è stata sempre fatta da piccoli gruppi o singoli individui che hanno creato dal nulla possibilità prima completamente inedite. Albert Einstein, ad esempio, è ricordato oggi come l’archetipo dello scienziato accademico, ma l’origine del suo clamoroso successo teorico è avvenuta quando era un impiegato dell’ufficio brevetti ossia quando era null’altro che un appassionato. Analogamente imperi economici come la Apple sono sorti da piccoli garage (e non in grandi centri di ricerca industriale). Il volo meccanizzato è avvenuto per merito di due tecnici di biciclette e non ad opera degli intensi sforzi di ricerca dell’epoca. Quel che voglio dire è che i punti di rottura nel corso della storia non avvengono quasi mai ad opera di organi del sistema in essere. Praticamente sempre le grandi svolte avvengono in ambienti marginali, in piccole nicchie come le botteghe artigiane da cui prese piede il Rinascimento o nella stamperia di un Gutenberg qualsiasi o in ristrettissimi circoli massonici ecc…
RispondiEliminaI grandi sistemi portano le varie ere a svilupparsi, fanno il lavoro monotono e di forza bruta. Ma le svolte radicali avvengono sempre dai piccoli ambienti marginali, “insignificanti” rispetto al sistema dominante. Ciò nonostante le piccole massonerie hanno scalzato i grandi imperatori e le loro aristocrazie da tutto il mondo. Ci sono riuscite non perché fossero più forti o migliori, ma perché i veri innovatori non fanno altro che scoprire alternative che si rivelano più adatte alle esigenze della nuova epoca che preme sulle rigidità di quella precedente.
Ad abbattere questo malato sistema economico non saranno direttamente “qualche scienziato e pochi attivisti”, ma la nuova epoca che avanza. La vecchia non ha scelta, o si adegua cogliendo l’occasione offerta da “qualche scienziato e pochi attivisti” e muta radicalmente oppure la nuova epoca travolge la vecchia schiacciandola con la forza dell’inevitabile.
Il gusto per “l’eroica rivoluzione” è un orpello inutile in questo genere di accadimenti. Mi rendo conto però che questo è un discorso troppo lungo per un commento.
Comunque lottare per salvare questo pianeta e prepararsi personalmente a mitigare l’inevitabile periodo di turbolenza, come tu stesso sottintendi, non sono due alternative contrapposte, ma casomai complementari. Ben vengano entrambe quindi.
Un saluto a Pier e a voi tutti dal Panda