martedì 8 febbraio 2011

Riflessioni sulle rinnovabili con Good News finale

Le notizie di miglioramenti tecnologici nel campo delle energie rinnovabili si susseguono senza fine. Innovazioni e nuove scoperte per quanto riguarda i pannelli fotovoltaici, il geotermico, l'eolico e tanto altro ancora si alternano senza sosta sugli articoli della stampa specializzata e non. La speranza che alimenta questa frenesia è quella di riuscire a trovare un sistema tecnicamente, energeticamente ed economicamente altrettanto vantaggioso del petrolio senza averne però i difetti (inquinamento e non-rinnovabilità). Un’impresa non facile dal momento che, l’impulso che ha dato origine alla nostra intera civiltà (tecnologicamente e democraticamente evoluta), consiste quasi esclusivamente nella natura incredibilmente vantaggiosa dell’oro nero: abbondantissimo, economico, densamente energetico, duttile all’inverosimile, nonché facile da trasportare, distribuire ed immagazzinare. L’attuale livello di benessere e di complessità sociale, di cui noi tutti godiamo, si sostiene solo grazie al petrolio a basso costo (ossia quello che abbiamo utilizzato fino ad ora sperperandone il più possibile).

Al di là delle ambizioni ecologiste, pare ovvio che, all’aumentare dei prezzi dei combustibili fossili, l’appetibilità economica delle energie rinnovabili aumenti. Negli ultimi anni, i prezzi dei combustibili fossili sono drasticamente aumentati e, nonostante le forti oscillazioni, il loro prezzo mantiene tutt'ora un andamento rialzista. L’appetibilità economica delle energie rinnovabili di conseguenza è esplosa, attirando capitali smisurati di corporations che di ambientalista hanno solo le reclame. Questi grandi investitori (a volte le stesse compagnie petrolifere) non vedono nelle rinnovabili un valore ecologico o morale per il bene dei propri figli, ma un valore economico per i propri utili. Gi investimenti delle aziende private, al riguardo, sono massicci: da qualche milione di euro per progetti minori portati avanti singolarmente, fino a centinaia di miliardi di euro per progetti congiunti come nel caso di Desertec.

Nel confronto tra fonti energetiche tradizionali e rinnovabili, quello che a molti non è chiaro è che, essendo giunti al picco mondiale del petrolio, l’attuale livello dei prezzi delle varie fonti energetiche dovrebbe essere ignorato poiché irrilevante. Il confronto competitivo tra combustibili fossili ed energie rinnovabili (di qualsiasi tipo e natura) non andrebbe fatto ai prezzi attuali, ma a quelli che tali fonti avranno tra pochi anni. I colossali investimenti che le rinnovabili richiedono, infatti, hanno orizzonti pluridecennali e le valutazioni economiche dovrebbero tenerne conto.
Il petrolio oltre i 200 dollari al barile è considerato un incubo economico (è bastato sorpassare di poco i 140 dollari per un breve lasso di tempo per far collassare l'economia mondiale per anni). Sfortunatamente è un incubo tremendamente realistico nel medio termine. Convertire l’economia mondiale verso un’alternativa diversa dai combustibili fossili richiede investimenti almeno paragonabili a quelli sostenuti per più di un secolo da parte di stati, privati e lobby a favore proprio dei combustibili fossili stessi. I tempi per una tale conversione però sono molto più ristretti: anni, non decenni né secoli. L’Armageddon economico causato dalla concomitanza di riscaldamento globale e sovrappopolazione (con i disastri che ciò comporta), insieme al Picco del Petrolio (o meglio all’esaurimento delle risorse a basso prezzo) non aspetta nessuno, non fa prigionieri ed è del tutto indifferente a giochi retorici della politica e di chiunque altro (a tal riguardo si osservi quel che già ora capita in Egitto ed altrove). Il fattore tempo è un aspetto assurdamente trascurato nelle discussioni riguardanti il futuro energetico, mentre dovrebbe essere uno dei principali fattori da considerare. Si pensi ad esempio al tanto reclamizzato idrogeno, le cui tempistiche di sviluppo estremamente lunghe, sono state il motivo, al di là della retorica ottimista di tg e giornali, per un sostanziale nulla di fatto. Per l'idrogeno, nonostante i tanti proclami, ben raramente si è andati al di la di un qualche prototipo futuribile. Il fatto è che, allo stato attuale, l'idrogeno parrebbe una possibilità piuttosto irrealistica, alla stregua della fusione nucleare. D'altra parte non sorprende l'attenzione dei media per la meno matura delle tecnologie verdi: tempistiche di sviluppo indefinitivamente lunghe sono una scusa ideale per non far nulla dando l'impressione del contrario. Questo non far nulla, ovviamente, avvantaggia chi, proprio dai combustibili fossili trae oggi guadagno e potere.
L’opportunità di stoccare l’energia prodotta dalle fonti rinnovabili in un combustibile di sintesi (l’idrogeno appunto) che non emette anidride carbonica quando brucia è d'altra parte oggettivamente molto interessante. Un’opportunità troppo ghiotta per non essere valutata accuratamente. Purtroppo l’idrogeno, oltre ai molti vantaggi, presenta anche molti inconvenienti: è esplosivo, deve essere conservato a bassissime temperature o ad altissima pressione, richiede tecnologie espressamente dedicate. Questo aspetto implica che, una volta risolti gli aspetti legati al suo utilizzo (ad esempio se si risolvessero tutti i problemi delle complesse e costosissime celle a combustibile), rimarrebbe sempre da affrontare l’enorme problema di riconvertire tutta l’infrastruttura distributiva (sul lato carburante) e tutto il parco macchine (sul lato degli utilizzatori finali). E questo solo se ci si limita al settore dei trasporti che, per quanto cruciale, non è che uno dei tanti settori direttamente coinvolti dagli idrocarburi. Il che equivale a dire che, se anche si risolvessero tutti i problemi tecnici per la produzione, lo stoccaggio e la sicurezza dell’idrogeno, saremmo a meno di metà dell’opera: dopo dovremmo risolvere tutti i problemi politici, economici e sociali legati alla necessità di una profonda trasformazione infrastrutturale di dimensioni inaudite. Un’impresa titanica al limite della fattibilità, soprattutto se si considerano le tempistiche a disposizione. Se aspettiamo troppo, infatti, non avremo più le risorse fisiche necessarie per effettuare quel tipo di transizione, poiché le risorse energetiche a disposizione saranno troppo costose per essere spese in ciò che non sia la mera sussistenza.

Il sogno di molti tuttavia è rimasto quello di poter passare da un'economia basata sui combustibili fossili (petrolio, carbone, metano, ecc...) ad una incentrata sull'idrogeno. Questo passaggio infatti permetterebbe di stoccare e consumare energia in modo democratico, ecologico, efficiente e rinnovabile. E qui giunge la buona notizia: come riportato dalla Repubblica e dal Corriere della Sera, pare (ma il condizionale è d’obbligo) che Cella Energy dopo 4 anni di ricerche, sia riuscita a trovare una formula a base di nanotecnologie in grado di trasformare l’idrogeno in una sorta di benzina sintetica che non necessita di tecnologie dedicate né per l’utilizzo né per lo stoccaggio. Per quanto riguarda i motori pare basterebbero piccole modifiche e lo stoccaggio avverrebbe a temperatura e a pressione ambientale. Pare che anche i costo di tale combustibile sarebbe assai contenuto.

Se questa notizia venisse confermata in ogni suo aspetto saremmo dinnanzi ad una svolta epocale: idrogeno utilizzabile in tempi brevissimi al posto della benzina tradizionale. Si passerebbe ad emissioni di acqua anziché di anidride carbonica come ora. Teniamo le dita incrociate.

Un saluto a tutti dal vostro affezionato Panda.

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