giovedì 19 aprile 2012

W le donne!



Ecco l'ennesimo video tratto da TED (e sottotitolato come sempre anche in italiano).

Scusate la crudezza della domanda del Panda, ma per caso le donne occidentali, quelle italiane e le giovani donne del Sud ancor prima, desiderano forse fare la fine delle donne della Liberia? Perché è questo il futuro che le attenderà, se il divario tra impegni lavorativi e famigliari continuerà ad aumentare come ha fatto finora. Bisogna difendere i diritti delle donne con le unghie e con i denti. L’invito del Panda non è rivolto solo alle donne. Si dice che dietro ad ogni grande uomo ci sia una grande donna. Personalmente ritengo che dietro ad ogni grande uomo ci sia la consapevolezza della grandezza della donna che gli sta accanto. Comunque sia, battersi per rendere effettive le cosiddette “pari opportunità” è fondamentale affinché una società possa definirsi civile. Se questo però è sempre stato vero, con la crisi economica che si appresta sempre più a svelarsi per il collasso sistemico quale è, la lotta per la parità assume un’importanza ancor più cruciale. Battersi per l’emancipazione femminile, sul piano pragmatico, vuol dire battersi in primis per l’indipendenza economica delle donne. Senza indipendenza economica si perde fin dalla nascita il diritto a parlare e ad istruirsi (non è un’opinione, è una conseguenza) e quindi ad essere indipendenti sotto tutti i punti di vista. Difendere la causa delle donne, non ha a che fare con il femminismo un po’ estremo ed isterico della liberazione “improvvisa” dall’oppressione millenaria avvenuta negli anni ‘60. Il femminismo pragmatico a cui il vostro affezionato Panda si riferisce e di cui c’è un disperato ed urgentissimo bisogno, ha che fare con la salute, la vita, la serenità ed anche la ricchezza economica degli stati. Ha a che fare profondamente con il benessere di miliardi di persone, maschi o femmine che siano. Molti credono ingenuamente che la maggioranza degli stati più ricchi al mondo detenga un primato nelle ”pari opportunità” per il fatto proprio di essere nazioni ricche. Nient’affatto! Le nazioni che hanno più “pari opportunità” divengono ricche a causa di questa scelta saggia. Il perché non è certamente un mistero: donne più istruite ed inserite nel mondo del lavoro raddoppiano la forza lavoro qualificata (quella ad alto valore aggiunto), fanno calare il tasso di natalità e di mortalità. Il sensibile miglioramento delle condizioni di vita che ne deriva spinge ulteriormente a un calo di natalità che comporta maggiori investimenti in istruzione e salute per i propri figli. Questo circolo virtuoso crea ricchezza e benessere contemporaneamente, salva vite e favorisce la cultura e la giustizia. Altro che manovre economiche!

Collettivamente si può essere razzisti, schiavisti e maschilisti ed occuparsi solo dei propri affari, ma non si può essere razzisti, schiavisti e maschilisti ed anche ricchi e felici. La guerra di secessione americana avrebbe dovuto togliere ogni dubbio al riguardo e così pure gli anni ’60 e i lunghi decenni di benessere che li seguirono. Ma com’è noto: la storia insegna che dalla storia non impariamo mai un bel nulla. La discriminazione, che riguardi il colore della pelle, l’appartenenza sessuale o qualsiasi altra cosa è un disastro umano, civile ed economico. Qualsiasi discriminazione (e quella verso le donne ancor più) è molto più che un’ingiustizia fatta verso i discriminati, è una stupidissima strategia di sfruttamento economico a breve termine che danneggia tutti e tutto. Nell’attuale frangente storico, se continueremo a sfruttare “a breve” le donne (e qualsiasi altra risorsa planetaria altrettanto vitale), faremo tutti quanti una bruttissima fine, di quelle da non augurare neppure al più feroce dei nemici.

Il maschilismo machista, oltre ad essere patetico, stupido e profondamente ingiusto è ora anche un’insostenibile spreco di risorse. Uno spreco che nessuno si può permettere. Tanto meno in questo periodo, quindi…


…buon futuro a TUTTE dal Panda!

4 commenti:

  1. L'incipit e la frase conclusiva mi piacciono, però il cuore dell'articolo sembra quasi consistere nel problema figli. Non credo sinceramente che il problema delle donne consista nel non fare (tanti) figli. Il problema consiste in un welfare assolutamente inesistente!
    Saluti
    Francesca

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  2. Ciao Francesca,

    pur essendo un problema serio, il Panda non è preoccupato del tasso di natalità nudo e crudo. Il numero di figli pro-capite non è un male a sé stante, è correlato ad una moltitudine di problemi che lo precedono e lo seguono. Sono quindi perfettamente d’accordo con te quando dici che il problema principale per le donne sono le politiche di welfare errate o, più precisamente, inesistenti. Solo tali politiche potrebbero mettere rimedio alla condizione delle donne. A tal proposito, sfortunatamente, in occidente, non si è andati al di là di un soddisfacimento di esigenze industriali camuffate da “grandi conquiste sociali”. La liberalizzazione sessuale ed i timidi accenni di “pari opportunità” (concessi assai mal volentieri nel corso di oltre un secolo di dure lotte) sono stati, infatti, del tutto strumentali alle forti pressioni “produttiviste” sorte con la rivoluzione industriale. Si sono presentati tali timidi miglioramenti come grandi progressi della condizione femminile, benché siano poca cosa rispetto a quanto fatto dalla diffusione di acqua corrente, lavatrici, soap-opera ed alfabetizzazione femminile. Anche presi complessivamente, tuttavia, si tratta di progressi assolutamente deficitari ed incapaci di resistere ad un peggioramento delle condizioni economiche. Se in occidente, negli ultimi decenni, le cose non sono andate benissimo, nel resto del mondo sono andate catastroficamente. Decine se non centinaia di milioni di donne sono sparite nel nulla, senza che il mondo quasi se ne accorgesse. Persino quando questo fenomeno è emerso in tutta la sua mastodontica portata, il mondo se n’è letteralmente “infischiato”. Basta questo solo per capire quanta strada ci sia ancora da fare. Le vaste sacche di maschilismo arteriosclerotico, non sono il vero nemico da abbattere. Il vero nemico della dignità femminile, infatti, ha natura squisitamente economica: quando si dice che le donne, a parità di mansione, guadagnano mediamente un 30% di meno dei maschi, non si sta solo evidenziando una discriminazione diffusa, ma anche uno sfruttamento economico di massa che un sacco di soggetti (non solo maschili) ha convenienza a preservare. La gravidanza è divenuta incompatibile con l’emancipazione “professionale”. La soluzione a questo gap è banale: basta estendere la maternità obbligatoria anche ai padri, parificando oneri ed onori tra i genitori. Anziché andare in quella direzione, però, si è provveduto ad aggirare ed eludere persino la maternità obbligatoria delle madri. Sotterfugi e precarietà hanno eroso il diritto ad una gravidanza sicura. La tendenza penalizza ancor più le donne sul lavoro e tende a trasformare l’equilibrio tra famiglia e lavoro in una scelta di tipo aut aut. L’espulsione della parte femminile dal modo lavorativo, continuando così, è una certezza che nel sud Italia è già ampiamente osservabile. Il collasso economico velocizza questo fenomeno e questo fenomeno accentua il collasso economico, poiché una mentalità conservatrice e maschilista è incompatibile con l’attuale un’economia (fortemente competitiva e complessa). Chi, come l’Italia, seguirà la logica dei vantaggi di breve periodo ottenuti a scapito delle minoranze più deboli dovrà presto scontrarsi con gli svantaggi di lungo periodo derivanti. Il fatto che le minoranze siano composte da donne oppure extracomunitari o altro poco importa: gli effetti negativi sono pesanti. Il femminismo, come ogni altra forma di equità sociale, ha profondamente a che fare con la salute economica delle nazioni e, oggi più che mai, si dovrebbe essere sensibili a questo aspetto. Il Panda dice ciò non solo perché imperversa la crisi economica, ma anche perché questa è strettamente legata a quella ecologica e a quella demografica e tutte quante sono legate alla crisi politica e culturale che sta paralizzando il mondo intero, mettendolo in pericolo. Per questi motivi vale la pena combattere per un mondo migliore: perché lo sarebbe per tutti!

    Buon futuro a Francesca e tutte le altre dal Panda

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  3. Bene Pandalessandro, dopo questa precisazione mi trovi concorde al 100%. L'idea di estendere la paternità obbligatoria è intelligente e giusta, peraltro molto "sana" per il bambino che cresce.
    Sul resto concordo, purtroppo, su tutto.
    ciao ciao
    Francesca

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  4. Un'idea bella che qualcuno ha già trasformato da tempo in realtà. In Svezia i padri dispongono di un congedo obbligatorio di 11 settimane ed entrambi i genitori possono contare su altre 51 settimane di astensione facoltativa a loro disposizione. Chi crede onestamente che la Svezia soffra economicamente per questa sua saggia scelta?

    Come spesso accade, non sono le idee o le soluzioni a mancare, ma la volontà di applicarle. In Italia i politici fanno un gran parlare di famiglia per racimolare consensi dalla cultura popolare di natura cattolica o socialista (a seconda dei casi). Al di là della retorica aulica e della diatriba ideologica, tuttavia, v’è il nulla. Veti incrociati ed indifferenza condivisa relegano tali questioni a un mero esercizio elettorale, il cui unico scopo è la raccolta di voti e non l’effettiva attuazione dei rispettivi progetti propagandati. Cosa attendersi, d’altra parte, da un paese il cui dibattito sulla dignità delle donne verte principalmente su “nipotine di Mubarak” ed affini? In Italia, avanzare pretese a sostegno di concreti supporti alle famiglie, è come chiedere ad Hannibal Lecter di mangiare vegetariano: ugualmente fantasioso ed inutile. Diversamente da quanto si tende a pensare in questo periodo, tuttavia, il vero problema non è la credibilità politica: i politici italiani sono stati eletti, ri-eletti, ri-ri-eletti, ecc. dagli italiani che, tanto “fessi”, in fin dei conti, non lo sono mai stati. Il problema è più profondo, più radicato. Riguarda l’indifferenza, la sfiducia, il cinismo, l’egoismo e l’inerzia di un’intera società che sa benissimo di dover cambiare ed anche cosa dovrebbe cambiare e forse persino come, ma semplicemente non ne ha voglia. Manca la voglia di cambiare perché si preferisce sognare che tutto si sistemerà da sé. All’azione, si preferisce l’assurda speranza di continuare come si è sempre fatto, bramando di proseguire a godere di redditi, diritti e privilegi di cui non si godrà mai più. Siamo come contadini che si sono mangiati tutta la semenza, senza preoccuparsi di piantare neppure un chicco e che ora sperano che i campi tornino miracolosamente a dar frutti, incuranti della mancata semina e del più rigido degli inverni che imperversa freddo e feroce. Non è stupidità, né ottimismo, né incoscienza. È follia.

    Ma essendo follia di massa, ci consoliamo l’un l’altro, precipitando nel burrone con maggior serenità rispetto ad una caduta solitaria.

    Non c’è più tempo da attendere. Non si può continuare a far follie impunemente. Bisogna cambiare ora. Subito!

    Non si deve pensare che l’unica differenza tra speranza ed illusione sia l’esito a cui si giunge. Non è così! La vera differenza è un’altra. Quale? Le maniche ovviamente! Se sono arrotolate è speranza, se languono su una poltrona è illusione.

    Auguri sinceri per un futuro ricco di speranze a Francesca e a tutti voi dal Panda

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