venerdì 8 aprile 2011

Nucleare sì o nucleare no? Se è Torio parliamone, altrimenti un secco NO!

Nel dibattito tra sostenitori ed oppositori all'opzione energetica rappresentata dal nucleare i toni sono spesso accesi. La contrapposizione è vivace, il dibattito sempre aperto. E’ una discussione senza fine che si protrae ormai da decenni. Nulla sembra riuscire a porvi fine, nulla sembra far cambiare idea ai sostenitori a spada tratta del nucleare: né Three Mile Island, né Černobyl', né il referendum abrogativo del 1987, né i vari incidenti ed i relativi insabbiamenti e scandali occorsi negli anni in tutto il mondo, né il rischio di attacchi terroristici alle centrali, né i rischi che qualche terrorista costruisca ed utilizzi una bomba sporca, né la catastrofe del deposito delle scorie nucleari tedesche ad Asse, né il disastro finanziario per la costruzione della nuova centrale finlandese ad Olkiluoto, né le crisi geopolitiche con l’Iran e la Corea del Nord, né il rischio di una proliferazione di armi nucleari in paesi politicamente instabili come il Pakistan, né la chiusura della centrale atomica più grande del mondo (quella di Kashiwazaki Kariwa) nel 2007, né lo scandalo sulla pubblicità ingannevole del Forum Nucleare, né la catastrofe dei 6 reattori di Fukushima, né la catastrofe politica della Merkel in Germania, né i ripensamenti francesi sulla tecnologia nucleare EPR, né la tendenza mondiale ad allungare la vita operativa delle centrali per tentare di evitare gli insopportabili costi di smaltimento e dismissione delle centrali esistenti. L’incidente appena accaduto alla centrale di Onagawa quando ancora non si è risolto quello di Fukushima non farà quindi nessuna differenza.
Nell'oblio dell'incoscenza, nulla è più prezioso di un briciolo di informazione...

... ed il bello è che, nonostante le rigide prese di posizione di chi partecipa alla disputa, non è certo l'informazione che manca alla nostra società. Vediamo un po' di usarla, visto che il fervore dei favorevoli al nucleare arriva fino al paradosso di auspicare la creazione di centrali nucleari in Italia perché “intanto ce ne sono già in Francia”, come se raddoppiare il rischio e avvicinarlo a casa fosse un miglioramento. Quel che è peggio è che, di solito, le stesse persone rincarano la dose sostenendo che ciò inoltre comporterebbe dei sostanziosi risparmi (in termini di bollette più leggere). Sfortunatamente la Francia sta semplicemente vendendo all’Italia un surplus energetico che deriva dall’impossibilità tecnica di modulare a piacimento la produzione elettrica da fonte nucleare. Quel surplus la Francia lo avrebbe comunque, anche se non ci vendesse un bel nulla. Il prezzo dell’elettricità ceduta in quel modo è quindi più basso rispetto a quello che si avrebbe dovendo ricoprire l’enorme costo d’installazione di nuove centrali nucleari. In altri termini la produzione elettrica con centrali nucleari italiane comporterebbe un aggravio di costo sulle bollette e non un risparmio. A differenza della Francia, inoltre, l’Italia non ha più né tecnici, né istituti, né tecnologie proprie e, non potendoli ricreare dal nulla in pochi anni, sarebbe costretta ad acquistarli dall’estero con ulteriori aggravi di prezzo. Altri ferventi nuclearisti sostengono che, dopo le rivolte del Nord Africa, le centrali nucleari fornirebbero all’Italia maggiore sicurezza energetica, ma si scordano che l’Italia non possiede giacimenti di combustibili fissili e si scordano pure che il prezzo di tali combustibili si è decuplicato nel tempo, giungendo fino al punto di costringere Usa e Russia a smantellare parte delle loro testate nucleari pur di porvi un freno. Questa tendenza a “riciclare” testate nucleari nei reattori, per quanto auspicabile dal punto di vista pacifista, aumenta considerevolmente i rischi di incidenti, come ben sanno a Fukushima. Se si considera poi che gli analisti si attendono per gli anni a venire un prezzo ulteriormente decuplicato del combustibile fissile e che nessuno computa mai gli effettivi costi di smaltimento delle scorie, viene a cadere anche un altro cavallo di battaglia dei nuclearisti, ossia quello secondo cui il costo del combustibile nucleare sia totalmente irrilevante rispetto alla produzione elettrica fornita.

L’unica considerazione che i nuclearisti dovrebbero sostenere a gran voce è che, per contenere le emissioni di gas serra e scongiurare catastrofiche alterazioni climatiche, l’opzione nucleare non può essere rapidamente e superficialmente archiviata. Eppure questa argomentazione non la pongono col consueto fervore, probabilmente perché sanno che fa poco presa sugli ambientalisti, dato che quest’ultimi sanno bene che anche le fonti rinnovabili hanno questo vantaggio, ma in più hanno tempi di installazione drasticamente inferiori. Se si decidesse ora di investire in nuove centrali nucleari, la produzione effettiva di elettricità avverrebbe tra molti anni, forse fra un decennio, immobilizzando nel frattempo enormi risorse finanziarie che potrebbero essere impiegate con effetti immediati in energie rinnovabili. Questo però vale solo per le nuove costruzioni e non per le centrali nucleari già in essere. La reticenza a calcare sulla riduzione dei gas serra fa sorgere quindi il sospetto che l’unica passione che anima i sostenitori del nucleare sia, in definitiva, la costruzione di nuovi impianti e questo dovrebbe inquietare.

La strategia seguita dalle lobby finanziarie che, all’ombra di tutte queste discussioni, sostengono il nucleare a spada tratta è ormai ben nota: aspettare che l’attenzione pubblica si allenti e tornare alla carica appena le difese si abbassano. Le centrali nucleari convenzionali, ossia quelle che l’attuale tecnologia permette di costruire sono delle vere e proprie macchine da soldi. Sono macchine da soldi non perché siano economicamente convenienti, ma perché sono ultrasovvenzionate dagli stati (altro che fotovoltaico!). Soprattutto però permettono loschi traffici sia in termini bancari e finanziari, sia in termini di appalti, sia in termini di ecomafia, sia in termini militari e diplomatici. Ciò che attrae tanto non è quindi la loro presunta e mai dimostrata efficienza, ma proprio la loro reale e concretissima inefficienza che, per così dire, “costringe” gli stati ad intervenire in fase di investimento, ma non impedisce agli stessi di lasciare tutti gli utili ai privati come la Tepco. Costi pubblici e guadagni privati, una pacchia!

Forse qualche sostenitore del nucleare riterrà questa ricostruzione esasperata ed eccessiva. C'è però una terza posizione che si colloca a metà strada tra il nuclearisti e gli anti-nuclearisti, una posizione che attende una sola possibilità da circa 15 anni. Questa posizione intermedia non è neutrale. Anzi la sua stessa esistenza è una grave macchia sulla coscienza di chi sostiene di essere a favore del nucleare. Il fatto che questa posizione intermedia, pur se presente da ben 15 anni, sia ampiamente snobbata posizione dimostra quanta malafede ci sia in ambito pro-nucleare. Questa terza possibilità si chiama ricerca e si chiama Torio. Il più illustre sostenitore di questa possibilità è il premio Nobel per la fisica, Carlo Rubbia che è anche il padre della tecnologia al Torio. Senza entrare troppo nei dettagli basti pensare che i laboratori di mezzo mondo hanno ormai dimostrato la fattibilità e la concretezza di questa alternativa tecnologica al plutonio e all’uranio. La tecnologia nucleare basata sul Torio ha alcuni evidentissimi vantaggi: il Torio è un combustibile fissile assai più abbondante di quelli tradizionali, ha rendimenti energetici molto più elevati, è infinitamente più sicuro delle centrali al plutonio/uranio perché può essere spento istantaneamente, non pone il problema di scorie con lunghi tempi di decadimento ed infine non permette la costruzione di armi di distruzione di massa. Per tutti questi motivi il Torio dovrebbe essere portato in trionfo dai sostenitori del nucleare, invece non ne parlano nemmeno. E così pure della ricerca in generale!

Insomma se un premio Nobel dice che c’è un’alternativa concreta e sostenibile su cui si potrebbe discutere serenamente e le prove sperimentali gli danno pienamente ragione e lui ed altri tentano inutilmente di far avanzare questa visione ormai da 15 anni, se nessuno parla nemmeno di finanziare quel filone di ricerca, allora il vostro affezionato Panda si chiede: perché? Perché non si investe un solo euro pubblico in ricerca scientifica di qualità per 15 anni e al contempo si pretende con un’arroganza tragicomica che lo Stato sborsi miliardi di euro in tecnologie che, nei fatti (e non sulla carta), si sono rivelate catastrofiche ed anti-econimiche? Qual è la logica? La stessa logica truffaldina che fa si che Veronesi sia nominato presidente dell'Agenzia per la Sicurezza nucleare solo perchè volto noto e rassicurante per il grande pubblico. Si cacciano senza troppi riguardi personaggi dello spessore scientifico di Carlo Rubbia e si tengono figure grottesche come l'attuale vicepresidente del CNR, il signor Roberto De Mattei che oltre essere un convinto creazionista, oltre a ritenere il terremoto che ha funestato il Giappone un segno di Dio, di recente ha pure sostenuto (sempre su Radio Maria ovviamente) che la caduta dell’Impero Romano è tutta colpa degli omosessuali. E' a gente così che vogliamo far giocare con dei reattori nucleari sul nostro territorio?

L’Italia non ha bisogno di centrali nucleari: è già radioattiva!

Per questo al referendum sul nucleare indetto per il 12 e 13 giugno il Panda invita tutti a partecipare e a votare sì, per dire no al nucleare ed anche alla privatizzazione dell’acqua.

Un saluto a tutti dal Panda.

2 commenti:

  1. C'è poco da fare: l'unica centrale nucleare veramente sicura è quella che non viene costruita!
    Il 12 e 13 giugno il mio voto spero si possa unire a quello di tutti voi!
    Ah, caro Panda, sono perfettamente d'accordo con la tua analisi sulla pericolosità e, in fondo, sull'inutilità dell'opzione nucleare, non certo perchè non ci sia bisogno di energia, ma perchè esistono opzioni mooolto migliori (che dire del Kite-gen, per esempio??). Un saluto a tutti.

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  2. Il Panda tifa per il Kite gen, per il Torio, per il risparmio energetico, per la fotosintesi artificiale, per le rinnovabili e, più in generale, per un futuro in cui nessun politico, nessun partito o governo osi anche solo pensare di caldeggiare realtà industriali da cui si possano creare teste nucleari e disastri indicibili quando sono disponibili tante altre valide opzioni.

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