venerdì 19 novembre 2010

27 novembre, a Roma!

Sabato 27 novembre, a Roma, si terrà la manifestazione nazionale indetta dalla CGIL per chiedere al governo delle risposte concrete in tema di politiche di sostegno ai lavoratori, ai pensionati ed ai giovani. Il vostro Panda parteciperà alla manifestazione, ma, non essendo un esponente della CGIL, si guarda bene dal fornirvi i crudi motivi sindacali che hanno spinto la CGIL a far ricorso alla manifestazione. Il vostro Panda si riserva di raccontarvi, a modo suo, i tanti personalissimi “perché” che lo spingono, con entusiasmo ed umiltà, a partecipare ed a patrocinare questa lodevolissima iniziativa .
Eccovi quindi i “perché” del vostro affezionato Panda…



Ad anni dall’inizio della più grande e profonda crisi economica mai affrontata dall’Italia e dal mondo intero, l’attuale governo continua a dire che il peggio è passato, che bisogna essere ottimisti e che l’Italia se l’è cavata meglio degli altri paesi europei. Tale "coreacea" convinzione non è scalfita nè da obiezioni nè dall'opinione opposta degli speculatori di borsa, che pensano invece che l’Italia sarà presto un caso simili alla Grecia, all’Irlanda e all’Islanda e già pregustano con la quolina in bocca il nostro prossimo default. A fronte della crisi economica e del serio rischio di default, il governo ha risposto con una massiccia politica di contrazione della spesa pubblica su tutto ciò che ha una qualsiasi utilità socio-economica...
...riuscendo tuttavia a peggiorare ancora l’andamento dei conti pubblici. In questi anni, mentre la gente comune ha fatto sempre più fatica a sbarcare il lunario, il governo pensava bene di fare tagli indiscriminati alla scuola, all’università, alle pensioni, alla Protezione Civile (trasformata in organizzatrice di “grandi eventi” come hanno tristemente scoperto all’Aquila). Tagli selvaggi sugli enti locali (costretti a decurtare servizi ed alzare quelle tasse che qualcun altro aveva promesso che non avrebbe aumentato). Tagli sulla cultura (fino ai crolli di parte della domus aurea e a quelli più recenti di Pompei, fino al collasso dell’opera lirica e dei teatri italiani che l’hanno partorita). Tagli sulla sicurezza pubblica (volanti senza benzina). Tagli sulla sanità (sempre meno pubblica). Tagli sulla ormai inesistente ricerca italiana (che, pur privata di mezzi, riesce ostinatamente a sfornare risultati d’eccellenza e riconosciuti a livello internazionale – ma, “stranamente”, non a livello nazionale). Tagli indiscriminati, non riduzione degli sprechi, che anzi continuano a sussistere e in alcuni casi acutizzano. A giustificazione di alcuni di quei tagli un importante esponente del governo ha sostenuto che con Dante non ci si può fare un panino. Perdonerete la battuta se dico che, se con Dante Alighieri non si può fare un panino, figuriamoci con un “salame” tale! Tremonti ed il governo a cui appartiene sembrano ignorare totalmente cosa sia il Made in Italy, il turismo, il cinema e i copyrights su opere intellettuali. Lo ignorano o più semplicemente non sono interessati affatto, essendo impegnati a fondo in tutt'altre faccende assai meno edificanti. Tagliano tutto, ma non i costi ed i privilegi della politica, nessuna vera riduzione delle spese folli ed oltraggiose delle caste, nessuna riforma che proibisca i doppi incarichi ai funzionari pubblici, nessuna riforma che abroghi le province (che tutti a parole dicono di voler abrogare ma intanto continuano ad aumentare di numero), nessuna riforma che fermi lo scandaloso fenomeno del nepotismo che infesta indisturbata ogni aspetto della vita italiana. Le rendite finanziarie e la speculazione sono ugualmente coccolate e protette: anche lì nessun taglio e nessun divieto. Meglio ancora nessuna regola od obbligo, anzi. Insomma, tagli sì, purché indiscriminati e 'sempre e solo' sulla carne viva dei più poveri.
Contemporaneamente ai tagli il governo ha portato l’affondo sull’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori e sulla contrattazione nazionale, minando alla base non solo il futuro dell’intera classe dei lavoratori dipendenti. Tale affondo, dopo il precariato, fa affogare il ceto medio (già in difficoltà) e minaccia la stabilità sociale, politica ed economica del paese, ma soprattutto l’anima stessa della Repubblica Italiana che, una vecchia e polverosa carta, definiva una volta come: “basata sul lavoro”. Oggi, come la crisi sta dimostrando, il lavoro non va più di moda, quindi il governo ha pensato bene di partorire Scudi fiscali per evasori e criminali d’ogni sorta, “ovviamente” per il bene dell’Italia si intende. E, sempre per il bene dell’Italia, il governo si è speso per limitare le intercettazioni (indispensabili mezzi per reprimere corruzione e mafie) e si è impegnato a fondo su un gran corollario di leggi ad personam. Se è pur vero che questo massiccio impegno non sempre ha portato ai risultati che il governo (o una ristrettissima cerchia al suo interno) sognava, è tuttavia bastato ed avanzato per spaventare a morte qualsiasi investitore estero, a cui ora l’Italia appare come un paese folle e fuori dal mondo. A dire il vero il sospetto lo avevamo gia fatto nascere anni fa con la depenalizzazione del falso in bilancio e l'impedimento delle rogatorie internazionali. Gli ultimi anni hanno trasformato i sospetti del mondo sull'Italia in certezze. L'Italia è vista come un posto incomprensibile e pericoloso, un posto moralmente, civilmente e politicamente degradato, dove anche la monnezza è affar di stato e di mafia (con tanto di intervento dell’esercito e della polizia). Un paese dove tutto è possibile per i furbi e dove tutto è impossibile per chi rispetta le leggi. Leggi che, negli ultimi anni, appariono, al “distratto” osservatore straniero, quali palesemente dettate da interessi personali e volte a modificare illecitamente la libera concorrenza. Leggi quindi che non rappresentano propriamente un richiamo irresistibile per i possibili investitori esteri. Leggi si aggiungono all'immagine di corruzione che spaventa i grandi investitori e che vanno ad impattare su un paese già funestato da problemi di arretratezza tecnologica e un'immagine internazionale in picchiata libera. Chi vorrebbe investire in un paese in cui le quotazioni dell'azienda di proprietà del primo ministro oscillano in base alle sorti del governo? La censura e la costante propaganda pseudo-elettorale possono funzionare con gli italiani, ma non hanno effetto fuori dai confini nazionali. A tal proposito si veda, ad esempio, la disputa nata dalla disparità di trattamento fiscale tra Sky e Mediaset, con conseguente pesante ricaduta di immagine dell’Italia (Sky fa infatti parte dell’impero mediatico di Rupert Murdoch, impero che si estende sul mondo intero occidentale con una fitta rete di giornali e televisioni di fama internazionale). I goffi tentativi del governo italiano di sminuire e screditare la stampa estera in blocco, essendo generati esclusivamente da motivi di politica interna, non hanno migliorato certo la reputazione dell’Italia nel mondo. Rinominare, ad esempio, l’Economist (la bibbia del liberismo a livello internazionale) come “Ecomunist” è un chiaro esempio di quel genere di “giochi” che potrà anche far sorridere gli italiani, ma non l’Economist appunto, né chi lo legge nel mondo. Il fatto è ancor più degno di nota se si considera che il nostro capo del consiglio dei ministri, a cui i problemi legali non mancano nè in Italia nè all'estero, sia pure in causa con quella testata. Tale situazione, può passare pressoché inosservata nel bel paese, ma certo non coincide perfettamente con gli interessi nazionali di credibilità ed affidabilità. Dire che il neo-eletto presidente Obama è “abbronzato” può far ridere gli italiani e certamente la “battuta” ha fatto ridere anche all’estero. Il problema è che all’estero non hanno riso della “battuta”, ma dell’Italia. Dato che l’economia italiana vive dell’immagine creata sul “Made in Italy” e che ormai da tempo le nostre esportazioni sono franate, queste continue ed imbarazzanti “gaffe” dovrebbero iniziare ad essere considerate qualcosa di più serio di un semplice caso di gossip o di orgoglio nazionale ferito. Queste "battute"contribuiscono a ridurre la credibilità del nostro paese e ad incrementare il costo a cui noi tutti siamo costretti ad indebitarci. Come la Grecia ci insegn, inoltre, l'inaffidabilità, la corruzione e l'inefficienza possono essere molto pericolose in tempo di crisi e di speculatori finanziari senza scrupoli.
Se sul fronte esterno le cose sono andate di male in peggio, su quello interno non c'è di che rallegrarsi. La precarietà e la derivante insicurezza economica di giovani e meno giovani, lungi dal preoccupare questo governo, sono state a lungo sbandierate come le carte vincenti per competere con la crescente concorrenza economica di paesi del terzo mondo, o, peggio di paesi come la Cina, la Polonia, la Slovenia o la Serbia. Anziché puntare sull’eccellenze e sulla professionalità si è basato tutto sulla compressione dei salari ottenendo un triplice autogol: si è depresso irreversibilmente il mercato interno, si sono fatte scappare all’estero quelle eccellenze professionali (create con soldi italiani) e si è favorito un gioco al ribasso che favorisce chi non si fa scrupoli ad aggirare le regole, aggravando la concorrenza sleale interna al paese, quella che non crea ricchezza (portata all’estero) né posti di lavoro. Risultato: non solo non perdiamo fette sempre più grosse d'esportazione, ma facciamo scappare le aziende all'estero, proprio in quei paesi con cui ci siamo stupidamente messi in concorrenza.
Se tutto questo vi sembra ancora poco, vi rammento l’annullamento di tutte le riforme (abbozzate faticosamente dal precedente governo) volte alla liberalizzazione dei mercati (come quello dei medicinali). Un governo che si definisce liberale che si oppone alle liberalizzazioni? Ebbene sì, noi ce l’abbiamo, per la sventura dei nostri portafogli. A quanto fin qua detto si aggiunga l’azzeramento della capacità legislativa del Parlamento, instabilità di governo (in prossimità della finanziaria e senza avere a disposizione una legge elettorale degna di questo nome), la conflittualità con i sindacati, ma anche con Confindustria e le altre organizzazioni di categoria, la totale assenza di qualsivoglia politica volta a calmierare od almeno indagare lo smodato aumento dei prezzi di pane e pasta (per tacer di tutto il resto).
Mentre l'Italia affoga, le altre nazioni europee, per far fronte alla stessa crisi, hanno massicciamente investito in energie verdi, in innovazione e in formazione, nonchè in sostegni sociali ai più deboli. Non però il governo italiano, lui no! Parrebbe che, per il governo italiano, le priorità siano altre. Per il nostro governo si aggiusta tutto con un po' d’ottimismo, il ponte sullo stretto e tante tante belle centrali atomiche. Tralascio l’ottimismo che può pervadere il cuore ed il portafogli di un cassintegrato, di un precario o di un disoccupato. Tralascio l’ottimismo che può spizzare da uno di quei 3 milioni di italiani che non hanno soldi neppure per mangiare e vivono grazie alla carità. Tralascio pure l’ottimismo dei milioni di pensionati e dei lavoratori che fanno estrema fatica ad arrivare alla fine del mese nonostante rinunce e sacrifici. Tralasciando tutto ciò (e non mi pare di tralasciare poca cosa), della politica economica italiana rimangono solo il ponte sullo stretto e le centrali nucleari. Poco male se gli italiani si sono già espressi molto chiaramente con un referendum sul nucleare. Poco male se il costo del combustibile fissile è decuplicato negli ultimi anni e continuerà a salire nei prossimi (tanto da spingere Stati Uniti e Russia a smantellare parte delle proprie testate per porre rimedio alla scarsità). Poco male se non esiste ancora nessuna soluzione per le scorie radiottive e nemmeno un vero piano per gestirle e si è dovuto ricorrere al prestigio del professor Veronesi per cercare di tranquillizzare gli italiani. Poco male se l’Italia è un paese sismico e le fluttuazioni della portata dei fiumi (Po compreso) non possono più garantire elevati livelli di sicurezza al sistema di raffreddamento delle future centrali nucleari. Poco male se l’Italia dovrà importare tecnici e tecnologie nucleari dall’estero. Poco male se i terroristi potrebbero gradire le centrali per compiere attentai –almeno così ci dicevano, fino a poco fa, gli stessi esponenti di governo.  E poco male anche se nazioni come la Germania, che le centrali nucleari già ce le hanno, cercano di disfarsene. Poco male, infine, se centrali nucleari e ponti sullo stretto sono progetti che, al di là della loro discutibilissima convenienza, immobilizzeranno per anni (o più probabilmente per decenni) decine di miliardi di euro e saranno un banchetto opulento e graditissimo per mafie e lobby di ogni tipo.
Molto male, malissimo, invece che tutta la politica economica, industriale e di salvaguardia del territorio di un paese con una forte vocazione turistica come il nostro sia stata tratta allo stesso modo dei strampalati piani nucleari di questo governo. L'Italia perde colpi nella classifica delle mete turistiche più visitate. Non siamo scesi di posizione, siamo stati letteralmente scalzati via da paesi come la Spagna, ma anche la Svizzera e addirittura dalla Svezia. Abbiamo un patrimonio artistico e naturalistico unico al mondo e siamo sorpassati dalla Svezia! Inseguiamo piani di nuclearizzazione forzata, inceneritori, cementificazione selvaggia! Piani che fanno certamente la felicità dei grandi gruppi bancari ed altrettanto certamente l’infelicità di tutti gli altri.
Non si parli di energia pulita o cultura o imprenditoria giovanile o formazione, per carità! Vade retro! Non si parli di politiche sociali volte ad attenuare la  caduta verticale dei consumi interni. Non si parli di repressione fiscale (casomai di scudi fiscali e condoni). Non si parli di emersione del lavoro nero, né di regolarizzare quegli immigrati che in Italia vengono per lavorare, né di piani industriali ed infrastrutturali volti al rilancio della competitività internazionale dell’Italia. Non si parli di facilitare l’accesso al credito per le piccole e medie imprese, né di repressione della corruzione dilagante (molto di più grave che ai tempi di Mani Pulite), né di repressione della criminalità organizzata (se catturano un boss dovremmo festeggiare come scemi e scordarci che le mafie non sono mai state tanto influenti economicamente come ora). Non si parli di nulla (si può fare una piccola eccezione per il calcio, la cronaca nera – purché selvaggiamente truculenta e morbosa - , il Grande Fratello e X-factor). Non che questa sia censura o propaganda da regime stalinista! Non che si tratti di un vistoso tentativo di rendere le masse completamente acefale! Suvvia si tratta solo della nuova “entusiamante” versione della libertà d’espressione: molto più moderna, più frizzante, molto più light.
Sabato 27 novembre, a Roma, vi sarà l’opportunità (per tutti coloro che vorranno) di far sapere a questo governo (e quelli che seguiranno) che non si è fatto abbastanza, che tutto ciò che di marcio è accaduto in questi ultimi anni, nonostante la "nuova liberta d’espressione light", non è accaduto all’insaputa di tutti gli italiani, non è accaduto senza che qualcuno di loro si incavolasse a bestia. Soprattutto sarà una splendida opportunità per mostrare a questo ed ai futuri governi che una massa enorme di persone pacifiche e consapevoli li guarda dritti negli occhi. Non con la testa china come i sudditi. L’Italia è ancora una repubblica basata sul lavoro! E resterà tale.

Il Panda ugura a tutti voi una pacifica, allegra e duratura resistenza al disfacimento dell'Italia in atto.

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