La nostra cosiddetta civiltà sta puntando sui cavalli sbagliati. Drogati dai nostri precedenti successi tecnologici, la maggior parte di noi è convintissima che qualsiasi problema attuale sia risolvibile grazie ai futuri progressi tecnologici. Eppure la nostra “civiltà”, nonostante le apparenze, non ama affatto la tecnologia. Più concretamente, la trova ottima come scusa polivalente. Stiamo inquinando oltre ogni limite? Stiamo riempiendo cielo, oceani e terra di ogni “mal di dio”? Stiamo ritardando all’inverosimile investimenti cruciali ed una più generale riconversione delle nostre economie? C’è un’epidemia di tumori, sterilità, depressioni varie, diabete, malattie autoimmuni, leucemie infantili, malattie respiratorie ed alimentari? Nessun problema, ci penserà la tecnologia del futuro con la sua bella bacchetta magica a mettere a posto tutto.
O forse no? …
La triste realtà è che trattiamo la tecnologia semplicemente in modo immaturo ed acritico, mentre molti tra noi (per tacer dell’intero pianeta) muoiono proprio a causa di questo atteggiamento. Eh sì, perché di superficialità si muore e non solo in senso allegorico. Ogni volta che un fenomeno climatico “anomalo” devasta coltivazioni e popolazioni affamate, ogni volta che qualcuno si ammala gravemente di una malattia che non avrebbe mai sviluppato naturalmente, ogni volta che una tecnologia salvavita è scartata perché “antieconomica”, ogni volta che un comportamento autolesionista è tollerato e caldeggiato perché economicamente “allettante”, ecc… ecc… ecc… ogni volta che permettiamo alla nostra scusa preferita (“ci penseremo in futuro, quando la tecnologia ci permetterà…”) qualcuno muore. Qualcuno muore e non torna più. Con la parola “qualcuno” qui non si vuol dire “in qualche raro caso”, si vuol dire “qualche persona che non si vede, ma c’era”. Di queste persone “sfortunate” che ahimè non potranno vedere né beneficiare delle mirabolanti e fantastiche soluzioni tecnologiche del futuro, se ne devono contare purtroppo a milioni, molti milioni. Alcuni milioni solo nei paesi ricchi, molti di più in quelli del terzo mondo.
Non si fraintenda, il vostro affezionato Panda adora la tecnologia, la ama profondamente. Proprio per questo soffre terribilmente quando la vede degradata al ruolo di sedativo di massa o di scusa rassicurante per rimandare all’infinito quello che si sa perfettamente che andrebbe fatto ora. Un atteggiamento spregevole ed umiliante il cui fine ultimo è solo quello di lasciar fare affari a qualcuno di potente, di non “ostacolare” il cosiddetto “progresso”, di non affliggere il povero PIL. Un atteggiamento spregevole ed umiliante il cui risultato ultimo sono quei milioni di morti di cui si parlava. A quei milioni di morti inoltre andrebbero aggiunte un’infinita sequela di sofferenze ed ingiustizie legate alla povertà estrema, poiché oggi la povertà non ha cause fisiche e reali, ma ridistributive. Una ridistribuzione iniqua pesantemente coinvolta nell’instradamento tecnologico di convenienza fatta pochi a scapito di tutti gli altri.
In nome di questo atteggiamento turpe e suicida, i paesi ricchi, ad esempio, continuano a produrre e consumare carne bovina senza nessun freno. Con tutto il rispetto per gli appartenenti al settore, questa ipertrofia legata alla carne bovina comporta allevamenti intensivi terrificanti, uso smodato di anabolizzanti, antibiotici e mangimi di pessima qualità oltre a disastri incalcolabili quali deforestazione industrializzata, immani sprechi di preziosa acqua dolce, esaurimento di potenziali terreni agricoli ridotti a pascoli, incredibili ed insostenibili emissioni di gas serra (dovuti sia alla meccanizzazione coinvolta nell’allevamento, sia ai bovini stessi, sia alla distribuzione e conservazione del prodotto, ecc…). Tutto ciò avviene nonostante tutti sappiano perfettamente che l’obesità ed i problemi cardiovascolari collegati ad una dieta eccessivamente carnivora siano una vera e propria macchina di morte, ossia la prima causa di morte nei paesi benestanti. Tutto ciò nonostante siano ben chiari gli estremi a cui gli allevatori possono giungere per incrementare i profitti (morbo della mucca pazza, diossina, sofisticazioni di ogni tipo, ecc…). Tutto ciò nonostante si sappia che disboscare l’Amazzonia per fornire di materia prima scadente i lontanissimi fast-food di Usa ed Europa, non sia proprio il massimo della razionalità e salubrità. Tutto ciò perché nessuno vuol calcolare, né pagare, né tassare i reali costi di questo tipo di allevamento e consumo.
Pare, infatti, che nessun politico abbia ben presente cosa ci costa, in termini di efficienza economica, sanitaria ed ecologica, la passione per le bistecche. Urlano a ruota libera nei loro megafoni mediatici, ma di costi nascosti non se ne parla mai. Ancor meno persone sembrano tuttavia rendersi conto delle incredibili alternative che ci offre gratuitamente madre natura (gli insetti per esempio). Anche in questo caso il problema è culturale e mi riferisco ad una cultura di massa drogata da precisi interessi di lobby, lobby perfettamente in grado di comprarsi tutti i megafoni mediatici e l’intero europarlamento all’occorrenza.
In nome di questa tendenza al suicidio culturale, la nostra società punta oggi più che mai sul trasporto su gomme quando è ormai evidente e conclamato il superamento del Picco del Petrolio. Eppure la rotaia è un’alternativa presente da secoli, ma guai a parlare di cura del ferro. Vade retro!
Cosa importa se i tanto ingombranti quanto stupidi SUV fra pochi anni non potranno circolare (non solo per il costo eccessivo della benzina, ma ancor prima per la scarsità dei pneumatici)? Sussidi all’auto? Auto elettriche? L’auto privata è già bella e morta ecco la realtà nuda e cruda. Solo non siamo ancora rassegnati e ci aggrappiamo a qualsiasi sogno tecnologico (ibrido, elettrico, idrogeno e via dicendo). Ai magrebini affamati dai primissimi e tenuissimi effetti del Picco del Petrolio cosa diremo? Tranquilli tra venti/trent’anni avremo fantastiche auto elettriche? Che se ne fanno loro e mezzo mondo che vive esclusivamente di petrolio ed affini? Che senso ha ritardare piani concreti come Desertec? Che senso ha ostacolare burocraticamente ed economicamente realtà come quella del Kite Gen? E i supermercati, gli ipermercati ed i tanto amati centri commerciali come si riforniranno? Con muli e cavalli? Ed le loro celle frigorifere e la loro preziosissima aria condizionata come funzionerà? A pedali?
Il fatto che, in politica, non si accenni mai, nemmeno per sbaglio, alla cura del ferro, ossia ad una drastica riconversione del sistema dei trasporti su mezzi incredibilmente più efficienti di qualsiasi mezzo su gomma, è un cupo segnale che non lascia presagire nulla di buono. Sembriamo schiavi di una cultura pronta al suicidio di massa nel nome del PIL.
L’ottimismo di facciata che dice di non preoccuparsi, ma poi non fornisce nessuna soluzione credibile ai problemi attuali non è vero ottimismo. Allo stesso modo il cosiddetto catastrofismo che però non fa altro che dare indicazioni di come fare ad uscire da problemi giganteschi e già ora presenti, non è catastrofismo, ma frustrazione per un immobilismo suicida.
Non è realpolitick ignorare il Picco del Petrolio ed i cambiamenti climatici, non è nemmeno ottimismo, è follia. Gli oceani, il clima, l’ecosistema, le fonti energetiche sono completamente insensibili alle nostre esigenze fisiche, psicologiche e culturali. O ci adatteremo al mondo così com’è o svaniremo come i dinosauri. La cosa più atroce è che questo “adattarsi”, lungi dall’essere un calvario, comporterebbe molti aspetti positivi in termini di qualità della vita, democrazia reale e felicità.
La tecnologia attuale (e non solo quella futura) ci offre soluzioni incredibili: culle termiche molto economiche (al posto di incubatrici ipercostose) per salvare i prematuri del terzo mondo; addestramento di ratti per sminamento, le analisi mediche e perfino il soccorso in zone terremotate (affidabili, poco costosi e alla portata di tutti); occhiali con lenti regolabili ad acqua (per chi oltre a vederci male ha avuto anche la sfortuna di nascere povero); depuratori a menbrana osmotica manuali; kit d’analisi mediche anche molto sofisticate con nanotecnologie su carta (tecnologia super-ultra-ipere-mega-economica e quindi osteggiata in ogni modo dai produttori attuali); senza parlare di tutto ciò che è perfettamente alla portata dei paesi più ricchi, come metropolitane computerizzate, car sharing, car pooling, telelavoro e telepresenza, biocarburanti di seconda generazione (da microalghe), infinite tecnologie di risparmio energetico e recupero energetico, permacultura (al posto dell’agricoltura basata sul petrolio), energia eolica, solare e geotermica d’ultima generazione, monorotaie di tutti i tipi (comprese quelle a pedali), bi e trigenerazione, fitodepurazione delle acque (al posto dei tradizionali depuratori), retrofit di normali auto a scoppio in elettriche (oltre che a metano e gpl), bici e tricicli elettrici con pedalata assistita, scooter elettrici e a metano, sofisticate tecniche di riforestazione in grado di ripristinare perfino le foreste tropicali ed anche il loro clima, serre in grado di estrarre acqua dall’aria secca dei deserti, allevamenti di insetti a scopo culinario, plastiche derivate da funghi, tecnologie commerciali di prodotti sfusi, alla spina o con ricarica (al posto del costosissimo packaging), vertical farming, orti urbani, tetti verdi (isolanti e lussureggianti), economie a chilometri zero, banda larga per servizi evoluti in Internet, e-book (al posto dell’inquinante ed ingombrante carta stampata), crowdsourcing e banche del tempo, monete locali etiche, società antispeculative (cooperative e società prive di scopo di lucro), tecniche di recupero e riutilizzo di pc e tecnologie “sorpassate”, cohousing ecc… ecc… ecc…
L’elenco sarebbe molto, ma molto più lungo, ma già così mi pare sufficiente a dare una vaga idea di quel che è possibile fare applicando il vecchio adagio: “Volere è potere”.
Abbiamo puntato tutto sui cavalli perdenti? Poco male, purché ora si inizi a farlo su quelli vincenti, senza indugi né titubanze, perché oltre alla volontà quello che rischia di mancare è il tempo.
Un abbraccio sincero a tutti voi dal Panda.
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