Corrado Calabrò, il presidente dell'AGCOM (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni), nei giorni scorsi è stato convocato con urgenza dalle Commissioni Comunicazioni e Cultura del Senato della Repubblica. Oggi Calabrò dovrà quindi far luce, dinnanzi a 23 senatori, in merito alla famigerata delibera dell’AGCOM (la 668/2010) che regolamenta la tutela del diritto d'autore on-line in Italia. Tale delibera, da poco approvata, ha suscitato infinite critiche, poiché, per dirla tutta, avvicina pericolosamente il nostro paese a posizioni censorie di stampo cinese. In pratica l’AGCOM, in base a tale delibera, avrebbe il potere di censurare siti Internet senza passare tramite la magistratura. Con la motivazione di tutelare il diritto d’autore e su richiesta dell’avente diritto, l’AGCOM potrebbe infatti intervenire oscurando i contenuti che si presume siano in violazione a legittimi diritti d’autore.
Lungi dal sostenere qualsiasi violazione di tali diritti, il vostro affezionato Panda ribadisce tuttavia con forza l’assoluta necessità che...
...le libertà d’espressione e d’opinione siano limitabili solo e soltanto da parte della magistratura. Derogare a questa semplice regola di buon senso, come fa la delibera dell’AGCOM, vuol dire aprire possibilità censorie e ricattatorie inaccettabili in uno stato di diritto. L’atto in sé, inoltre, al di là della bontà con cui verrà effettivamente applicato, apre un gravissimo precedente. La libertà d’espressione non deve e non può essere limitata su iniziativa extragiudiziaria, pr lo meno non in una democrazia reale. Una repubblica che accetti un tale “compromesso”, infatti, può anche mantenere un aspetto democratico, ma solo quello, poiché senza piena libertà d’espressione, uguaglianza e diritto ad un equo processo, è inevitabile che la democrazia sia di fatto svuotata completamente del suo significato intrinseco.
Con questa delibera AGCOM è già la seconda volta che in Italia si scavalca il diritto ad un giusto processo (la prima volta è accaduto con il ricorso all’arbitrato privato nei contenziosi tra datore di lavoro e dipendenti). Va poi notato che, in entrambi i casi, non è stato il Parlamento ad intraprendere una tale iniziativa. Ciò non deve far tirare un sospiro di sollievo, perché il silenzio del nostro Parlamento asomiglia tanto ad un’abdicazione di fatto (se non nella forma) al suo ruolo di primo regolatore. Si aggiunga a ciò il contestuale crollo di produttività del Parlamento in termini di leggi approvate, la dipendenza dei parlamentari stessi rispetto ai partiti (per la candidabilità), l’aumento esasperato dei toni non solo nel confronto politico, ma anche in quello istituzionale, il costante declassamento dell’Italia in quasi ogni classifica sulle libertà di stampa e analoghe, ecc… ecc … ecc… Aggiungendo la vicenda AGCOM a questa triste situazione, se ne ricava una sola possibile conclusione: la democrazia italiana scricchiola sempre più sinistramente!
Si spera quindi che l’interessamento del Senato sulla vicenda serva a porre dei chiari e precisi paletti. Se ciò non dovesse accadere, se la politica istituzionale facesse ancora una volta un gesto formale privo di reali conseguenze pratiche, la già gravissima frattura tra società civile e le proprie istituzioni democratiche peggiorerebbe (se possibile) ulteriormente.
Per chi volesse saperne di più: sitononraggiungibile.it .
Un saluto a tutti dal Panda
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