Di cosa discutere, quando sembrerebbe necessario discutere di tutto? Cosa discutere quando tutto è rimesso in discussione? Diritti, economia, politica, lavoro, finanza, ambiente, energia… Nulla si salva. In questo caso, forse, sarebbe bene discutere del perché stiano avvenendo tutti questi cambiamenti all’unisono. Discutiamo allora di cambiamento. Perché tutto sta cambiando? L’argomento parrebbe fin troppo vasto perché si possa rispondere indicando un'unica causa, ma…
…si sa le apparenze ingannano. In fondo a tutto c’è il fallimento della storia umana sotto il profilo demografico, economico, ecologico ed energetico. Tale fallimento è avvenuto nonostante scienza e tecnologia abbiano messo a disposizione dell’umanità soluzioni al limite dell’utopistico. Soluzioni, si badi, che non si è voluto (e tuttora non si vuole) sfruttare. Il fallimento in questione, così descritto, potrebbe sembrare troppo vasto per potersi definire una vera sintesi in grado di spiegare i mutamenti ora in atto. Eppure, in ultima analisi, è si tratta solo di un fallimento culturale e null'altro. Gli interessi economici e politici si sono fossilizzati, pietrificandosi nel corso di secoli caratterizzati da una società egoista e moneto-centrica. Non certo l’unica società possibile, ma solo una delle tante. Il dio denaro ha inquinato ogni singolo aspetto della vita, dallo sport alla religione, dall’economia alla solidarietà. Non solo feste religiose importanti come il Natale sono state trasformate eventi commerciali, ma anche i loro simboli e l’immaginario collettivo correlato sono a volte frutto diretto del mondo economico. Babbo Natale, ad esempio, viene immaginato nella sua “classica” divisa rossa e bianca solo a causa di una vecchia campagna pubblicitaria di una notissima ditta di bibite frizzanti. Questa è la sintesi: dietro ai cambiamenti in atto c'è un fallimento culturale che si chiama denaro.
Dietro alle mille possibili spiegazioni e ai mille punti di vista per spiegare il cambiamento in corso, in fin dei conti, ci siamo sempre noi e il modo in cui ragioniamo e valutiamo il mondo. Le nostre scelte (buone, meno buone o catastrofiche) sono tutte figlie della nostra natura e della nostra cultura. Se sulla prima, per ora, non c’è concesso di intervenire più di tanto, sulla seconda siamo completamente liberi d’agire e pare proprio giunta l’ora di farlo.
Quante rivoluzioni si sono tentate od attuate nel corso della Storia! Eppure nessun grande rivoluzionario, nessuno statista, nessun partito o movimento politico di massa, per quanto variegate possano apparire le idee in circolazione, ha mai seriamente proposto di disfarsi totalmente del dio denaro. Se tutti gli innovatori hanno fallito, forse è perché non si ha avuto il coraggio (o la forza) di innovare toccando quel che andava veramente epurato: il denaro. Eppure è ormai è più che evidente come esso, lungi dall’essere quel motore di innovazione e progresso che fu alle sue origini, si sia da secoli ridotto a vero e proprio parassita mentale e sociale. Chi non ha mai sognato di divenire milionario con una vincita a questa o quella lotteria? E’ sensato che persone che dispongono di patrimoni personali stimati in diversi miliardi di euro siano disposti a qualsiasi cosa pur di aumentarli ancor più a dismisura? Che differenza c’è, in fin dei conti, tra chi non ha nulla e sogna soldi e chi sembrerebbe aver tutto e sogna comunque soldi? La condizione sarà diversa, ma la malattia è la stessa. Il sistema-denaro, da strumento, si è trasformato in un’entità mostruosa, un vero e proprio distruttore di mondi (il nostro per lo meno). Ricchi, ceto medio e poveri sono tutti culturalmente infettati dal denaro ed il fatto che si tratti di una malattia comune a tutti, lungi dal rassicurare, dovrebbe dare un’idea della sua estrema efficienza virale e quindi pericolosità. A sancire ciò è la Storia stessa: ogni società non-mercantilista che sia mai entrata in contatto con la nostra è sempre ed invariabilmente stata contagiata e/o distrutta completamente. Le nostre menti sono così efficacemente aggredite dall’idea-virus che chiamiamo denaro da essere letteralmente menomate. L’idea che senza i soldi niente funzionerebbe e nessuno farebbe nulla è di fatto un pensiero unico tanto monolitico quale nessun’altra idea è mai riuscita a divenire. Ci è quasi impossibile anche solo tentare di concepire un’alternativa a questa struttura socio/economica e questa immaginazione debilitata è il più evidente dei sintomi della malattia culturale di cui stiamo parlando. Tutti, fuor di retorica, desiderano i soldi, persino chi sogna di usarli per aiutare il prossimo. Nessuno pare salvarsi da questa dipendenza psicologica, a parte…
...i bambini. Chiedete ad un giovanissimo essere umano cosa desideri e lui o lei vi risponderà una caramella, un gioco, una fiaba, del cibo, o qualcos’altro… I bimbi, si sa, sognano persino l’impossibile, ma non sognano i soldi. Dinnanzi a questa scontata predisposizione, noi adulti (anagraficamente parlando, ovviamente, non certo mentalmente) tendiamo a pensare che i bimbi fanno così perché sono ancora ingenui e ignari di come funzionano veramente le cose. Sfortunatamente per noi, gli ingenui ed ignari, siamo proprio noi e non loro. A rigor di logica, infatti, i soldi dovrebbero essere solo un mezzo per giungere a ciò che realmente si desidera e allora perché desiderare così ardentemente il mezzo e non direttamente il fine (come invece fanno i più piccoli)? Forse perché i soldi sono l’illusione perfetta che rende credibile la “strada facile” che conduce alla felicità. La strada facile, si sa, non esiste. La felicità, per essere tale, dev’essere conquistata, espugnata, intimamente meritata. Non può essere comprata. Tutti, sotto sotto, lo sanno.
Sfortunatamente, desiderare qualcosa che non implichi l’uso dei soldi implica, di rovescio, il porsi la questione di come giungere a toccare con mano i propri desiderata e ciò ha a che fare, in un modo o nell’altro, con l’impegnarsi. E qui sorge l’altra grande questione: la società basata sul denaro ha spinto tutti a far quel che non vorrebbero fare pur di guadagnare soldi che gli consentano di far ciò che vorrebbero veramente fare. Inevitabile che l’idea di impegno sia quindi divenuto ormai sinonimo di “far quel che non piace”. In realtà però nulla impedisce che l’impegno possa voler dire far fatica mentre si fa quel che si desidera. Ovvero nulla fuorché i soldi. Più si dipende dai soldi e più tempo e risorse si è costretti a dedicare nel tentativo di procurarsene, rinunciando a ciò che si potrebbe autoprodurre con gioia e soddisfazione personale. Rinunciando al tempo per sé stessi e coloro che amiamo. Rinunciando alla propria autonomia ed indipendenza, ossia alla tranquillità che ciò può regalare in cambio di una contrattazione/scontro permanente con tutto ciò che ci circonda e di cui abbiamo bisogno (o di cui sentiamo il bisogno). La competizione che questa corsa ai soldi ingenera all’interno della società, spinge all’emarginazione di chi non si conforma per convinzione personale o necessità e costringe chiunque si sia conformato a farlo con sempre maggior estremismo. Il virus-denaro si auto-rafforza ed auto-protegge in un ciclo che si ripete e ripete immutato ormai da secoli se non millenni.
Criminalità e corruzione, date spesso per scontate, sono in realtà figlie della scarsità artificiale indotta dal mondo del denaro. In una società equa, non dedita incessantemente a convincere qualcuno a desiderare qualcosa ed immersa in una relativa abbondanza, delinquere o rubare sarebbe un’attività assai meno attraente. I più pensano che il denaro, nonostante lo schifo che comporta, abbia condotto ad una certa agiatezza. Questo modo di pensare tuttavia omette il fatto che il denaro viene guadagnato vendendo qualcosa a qualcuno e quel qualcuno lo fa solo se pensa che verrà soddisfatto un suo desiderio. La transazione monetaria quindi implica allettare i desideri di qualcun altro. Si potrebbe dire “soddisfare” i desideri, anziché “allettare”, ma ciò non sarebbe del tutto onesto. Un bravo venditore, alla fin fine, è colui che convince all’acquisto il possibile acquirente. L’inevitabile competizione tra venditori porta a passare dal soddisfare le esigenze dell’acquirente al indurre (in modo psicologico e coercitivo) tali esigenze. Questo comportamento malevolo, non è una propensione morale, ma innanzitutto un modo per allargare il più possibile un mercato che si è costretti a dividere con altri per giungere agli agognati soldi. Tralasciando i moralismi, il mercato ideale, per un venditore “puro”, è quello della droga, in cui la parte acquirente è sostanzialmente schiava dei propri desideri. Il denaro quindi non solo facilita l’insorgere di criminalità, ma criminalizza i rapporti umani, ponendoli in un contrasto permanente. Lo sfruttamento economico del prossimo (sia esso un lavoratore, un fornitore o un consumatore) non è un incidente di percorso, è la vera natura del denaro.
Dato il livello tecnologico attuale, i soldi non sono più un mezzo efficace per regolare gli scambi economici. Basterebbe evitare gli enormi sprechi che l’economia compie (24 ore su 24 e 7 giorni su 7) in nome e per conto dell’accumulo fine a sé stesso di soldi, affinché la scarsità di beni e servizi svanisse (così come gli eccessi autolesionistici che fan sì che un ricco depresso possa avere un miliardo di volte più di quel che gli basterebbe per essere soddisfatto e felice). Un’analisi storica sulla co-evoluzione della società e del denaro, metterebbe in evidenza come i soldi abbiano inizialmente favorito lo sviluppo dell’umanità: in una situazione di scarsità sistemica hanno infatti consentito la specializzazione sempre più spinta del lavoro e l’accumulo sempre più veloce di conoscenze e tecnologie varie. Quando l’accumulo di conoscenze ha raggiunto la massa critica in grado di innescare processi creatori di un’abbondanza senza precedenti, i soldi hanno tuttavia mutato natura. Per sopravvivere all’improvvisa fioritura dell’abbondanza di beni e servizzi hanno dovuto creare una scarsità artificiale che ne giustificasse la persistenza. Un esempio concreto di quel che il vostro affezionato Panda intende per “scarsità artificiale” è la cosiddetta obsolescenza programmata ovvero la tendenza a lanciare sul mercato prodotti studiati per rompersi o divenire obsoleti nel minor tempo possibile. Di esempi come questi però se ne potrebbero fare molti altri, come ad esempio le cosiddette barriere all’ingresso: un’industria prospera per un certo tempo, ma poi viene minacciata da una nuova tecnologia molto più efficiente, anziché evolvere verso gradi di efficienza maggiori, l’industria più anziana mette in campo strategie volte a escludere la possibilità di entrare nel mercato da parte della nuova industria più efficiente (ad esempio controllando la distribuzione, oppure il credito o puntando massicciamente sul logo commerciale). La “logica” del denaro ha ribaltato quella umana: il dottore moderno, ad esempio, volente o nolente, non esiste più per curare pazienti afflitti da malattie (questa è ormai solo una scusa), il medico ora esiste per spacciare farmaci e costosi esami clinici od operazioni chirurgiche. L’insegnante non somministra cultura, ma è un canale per imporre libri di testo e uno strumento per consentire ai genitori di lavorare di più ed ai figli di divenire lavoratori più produttivi. Nella logica monetarista, se i farmaci realmente efficaci non bastano a sfamare la fame di guadagno, allora si devono immettere sul mercato anche quelli inefficaci e persino quelli pericolosi, i cui effetti collaterali, lungi dal essere un danno secondo il dio denaro, hanno invece l’indubbio “merito” di creare o stimolare una nuova domanda di cure mediche. Se anche questo non basta si inventano nuove malattie che i finti-farmaci potranno fingere di guarire. Il medico, d’altra parte, una volta presa la laurea (in università infiltrate dalla lobby delle case farmaceutiche) non verrà più aggiornato veramente. Il suo bagaglio nozionale si “rinnova” unicamente tramite i rappresentati commerciali delle varie ditte farmaceutiche. Il medico, come chiunque altro, svende la propria professionalità ed etica, non per il gusto di farlo, ma per i soldi; allo stesso modo la casa farmaceutica che lo corrompe si inventa malattie inesistenti e farmaci-spazzatura non per sadismo, ma per soldi; il rappresentante commerciale della ditta farmaceutica spingerà quei farmaci-spazzatura non per il gusto di farlo, ma per soldi. Se si va al di là del moralismo di facciata, il problema di fondo non è lo spessore etico/morale ma i soldi ed il mondo in cui ci hanno ingabbiati tutti quanti. Il punto della questione sui soldi, in altri termini, non risiede nella debolezza spirituale di chi li usa, ma nel fatto che si è costretti ad utilizzarli poiché si vive in una struttura sociale predisposta solo ed esclusivamente per il loro utilizzo.
Perché le tasse si pagano in soldi e non in ore lavoro da devolvere al bene pubblico? Perché le tasse si basano sui puri valori monetari e non sono rapportate all’utilità o disutilità pubblica di questo o quel modo di fare economia? Perché si possono depredare e sprecare privatamente risorse naturali che, in quanto tali, sono pubbliche per definizione? Perché le multe anti-inquinamento non sono mai proporzionate al giro d’affari dei rifiuti? Perché, ecc… ecc…
Perché esiste il denaro e noi tutti siamo i suoi schiavi. Il mondo creato dal denaro è un’immensa ruota da criceti in cui tutti si affannano senza tregua. La cosa parrebbe già triste di per sé, ma il vero dramma è che collegata a quella ruota c’è un motore che spinge il mondo intero nel burrone.
Conclusione: in un modo o nell’altro saremo costretti ad affrontare un cambiamento radicale e mai visto prima, consistente, a seconda dei casi, nell’abbandono dell’uso del denaro oppure nel precipitare nel burrone che si stende dinnanzi a noi.
Buon futuro a tutti dal Panda
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