Nella “Parte 1” di questo ciclo di post di Pandemica-mente abbiamo sostenuto che la situazione globale è grave (se non disperata) e occorre quindi agire tempestivamente.
Nella “Parte2” abbiamo tracciato un affresco sintetico del concetto di Net-Sfera.
Guardiamo ora cosa serve per poter giungere ad una Singolarità Tecnologica Benevola (od “Amichevole” se si preferisce):
1) Tanta intelligenza.
2) La capacità di auto-miglioramento ricorsivo dell’intelligenza in questione.
3) La capacità di contenere i fini ed i valori di tale super-intelligenza emergente nell’ambito di una qualche forma di empatia che escluda esiti malevoli e potenzialmente apocalittici per il genere umano ed il resto della biosfera esistente.
In presenza dei requisiti 1 e 2, ma assenza del punto 3, si rischia di incappare in una Singolarità Tecnologica ostile od indifferente alle nostre sorti, cioè in un probabile sterminatore anziché in una soluzione salvifica. Bisogna quindi raggiungere tutti e 3 le condizioni contemporaneamente per evitare fallimenti o peggio.
Internet riesce a soddisfare i 3 requisiti per una Singolarità Tecnologica Benevola?
Vediamo:
1) Il web può attrarre miliardi di intelligenze umane nonché un’incredibile potenza di calcolo, memoria ed analisi artificiale. L’intelligenza potenziale non manca.
2) La capacità di miglioramento ricorsivo di tale intelligenza potenziale è implicita nel naturale evoluzione del web in termini tecnologici, ma anche di servizi erogati e in termini organizzativi.
3) L’eticità del web può essere controllata dagli esseri umani dal momento che essi ne sono una componente imprescindibile.
Bene, detto ciò che Internet ha da offrirci, vediamo ciò che attualmente gli manca: un catalizzatore.
In chimica, un catalizzatore è una sostanza che interviene su una reazione aumentandone la velocità, rimanendo inalterato al termine della stessa. Nel caso di Internet, ovviamente, il “catalizzatore” dovrebbe accelerare non tanto una reazione chimica quanto lo sviluppo del sistema stesso. Ce n’è bisogno perché il tempo stringe e i nostri guai divengono sempre più enormi e minacciosi (come si diceva prima). Ce bisogno di un catalizzatore anche per un altro motivo: se il processo di trasformazione coinvolge processi delicati e riguarda un sistema non “schermato” , tempistiche d’attuazione lente rappresentano un rischio, poiché le possibilità di interferenze, guasti e disguidi aumentano all’aumentare del tempo. Nel caso di Internet questi disguidi potrebbero essere rappresentati da deterioramenti derivanti da un aumento vertiginoso dei black-out elettrici oppure dal deterioramento delle condizioni economiche complessive o magari dal collasso infrastrutturale dovuto al calo degli investimenti a causa di guerre, crisi economiche o altro. Le cose che possono far “abortire” il processo di trasformazione di Internet dal livello attuale a quello di vera e propria seed-AI sono numerose e varie. Non essendo un sistema centralizzato, il web, ha un certo grado di resilienza, ma non ci si deve illudere: il web attuale non è la rete di telecomunicazioni militari da cui ha tratto origine inizialmente.
Il catalizzatore sarebbe utile anche per un altro motivo: vi è un ostacolo che limita enormemente le potenzialità di Internet e che ha tempi d’evoluzione totalmente incompatibili con quelli che i nostri guai “globali” ci consentono. Tale fastidioso ostacolo è che il web è un sistema multilinguistico. Se la rete di computer di cui Internet è composto è globale nel senso pieno del termine, la rete di persone fisiche che la compongono è per la quasi totalità di tipo nazionale. Questo fatto meramente culturale spezza la rete in decine (se non centinaia) di reti minori collegate tra loro attraverso imponenti colli di bottiglia costituiti da quei relativamente pochi utenti in grado di effettuare traduzioni (simultanee e non). Si tratta di una menomazione immensa rispetto all’immaginario collettivo alimentato dall’idea della “rete globale”. Per cogliere la piena potenza del web, occorre che gli utenti (ma proprio tutti) fossero in grado di comunicare senza ostacoli linguistici o per lo meno con ostacoli molto contenuti. Quello che è un grave ostacolo è però anche un’enorme opportunità: un catalizzatore che abbattesse anche solo parzialmente questo unico e grave limite linguistico, fornirebbe infatti un’accelerazione impressionante all’intero sistema. In altre parole ci sono ampi margini per imponenti miglioramenti sistemici derivanti da singole migliorie relativamente contenute e specifiche. Ci sono quindi ampi margini di manovra affinché un catalizzatore possa fare quel che ci si aspetta faccia: velocizzare la trasformazione.
Ancora una volta si può considerare il catalizzatore non tanto (e/o non solo) come una nuova tecnologia online, ma piuttosto come un mix di soluzioni ed organizzazioni uomo/macchina che sfrutti le rispettive abilità per oltrepassare i limiti di ciascuna parte. In conclusione, quindi, si può dire che esistono i presupposti per poter trasformare il web (o una sua parte od evoluzione) in una seed-AI che vada ad innescare una Singolarità Tecnologica benevola ed amichevole. Ciò che occorre è solo tantissima collaborazione ed interdisciplinarietà. Strutturare questa collaborazione massiva in una qualche forma di contenuto online è cioè che qui abbiamo definito catalizzatore. L’accumulo progressivo e ricorsivo di informazioni e potenzialità cognitive è già in atto. Benché ciò avvenga a tassi di crescita elevati, essi non sono ancora sufficienti a far emergere comportamenti “sovra-umani”. La presenza di un catalizzatore potrebbe far variare rapidamente la situazione. Visto che la tecnologia di fondo di cui necessitiamo per una rapida implementazione della Singolarità è la collaborazione umana stiamo quindi parlando di un obiettivo ambizioso sì, ma non impossibile.
Buon futuro a tutti dal Panda
"Tale fastidioso ostacolo è che il web è un sistema multilinguistico. Se la rete di computer di cui Internet è composto è globale nel senso pieno del termine, la rete di persone fisiche che la compongono è per la quasi totalità di tipo nazionale. Questo fatto meramente culturale spezza la rete in decine (se non centinaia) di reti minori collegate tra loro attraverso imponenti colli di bottiglia costituiti da quei relativamente pochi utenti in grado di effettuare traduzioni (simultanee e non)."
RispondiEliminaSecondo me questo e un problema molto importante e benche' come tu dici poi piu' sotto presenta anche enormi opportunita, finora non e' stato risolto o e' stato risolto solo molto parzialmente.
Ma mi fa pensare che anche molte cosiddette Global Cities evidenziano lo stesso tipo di problema Si incontrano o si vedono molte persone in giro con le quali e difficile comunicare. E spesso per questo magari le si evitano del tutto. E come tu forse saprai negli Stati Uniti si parla del a) melting pot model b) the fruit salad model and c) the balkanization model ....or a bit of each of the above.... quando ci si riferisce a che tipo di societa' sono gli Stati Uniti in termini della presenza di molti immigranti di molte culture e lingue, e di che tipo di miscuglio o miscela od agglomerazioni formano....cose che fra l'altro non corrispondono nemmeno esattamentte al cosiddetto "multiculturalism".
Io (ed ho vissuto tanti anni negli Stati Unit) ho notato un certo "shift" dal melting pot model al fruit salad model, ma non ugualmente od ovunque. Adesso a Chicago (citta molto al nord della frontiera con il Messico) vi sono vaste zone dove si parla quasi solo lo Spagnolo. (benche' molti degli abitanti parlino anche l'inglese) Ed il Russo in alcune parti di Brooklyn ed il Cinese e tante altre lingue Asiatiche, Europee ed anche Africane, secondo i vari altri posti o secondo il luogo specifico. Mentre invece per quel riguarda l"Internet "il posto" e' un computer o una piccola o grande serie di computers.
Quindi magari "il catalizzatore" o la maniera per fronte a questi tipi di problemi (se la si trova) puo' essere utile non solo per integrare meglio l'Internet ma anche per gli incontri faccia a faccia ormai in quasi tutte le grandi citta del mondo ed anche nelle piu piccole. Cioe' come si risolve il fatto che i sette miliardi di abitanti della terra parlano moltissime lingue ed appartengono a tantissime culture le quali percepiscono, interpretano e capiscono ed intendono il mondo in modi diversi? Se vogliamo formare "la grande rete integrata e pensante" prima o poi bisognera risolvere questo problema in qualche modo, e se ci si riesce sara' anche importante e molto utile per la vita non-virtuale o non-web. E tu cosa ne pensi?
Ciao Max, scusa se ti rispondo solo ora.
EliminaPer il multilinguismo urbano non sono informato, quindi non saprei risponderti, ma per il web ci sarebbe tantissimo da dire.
Il multilinguismo, nella visione sociale verso la Singolarità, rappresenta forse il principale ostacolo. Finora è rimasto irrisolto, ma non si può dire che nulla è accaduto: i traduttori automatici, benché ancora largamente inaffidabili, hanno fatto passi da gigante con approcci di tipo statistico quali quelli di Google Translator; le traduzioni tramite crowdsourcing hanno permesso abbattimenti di costi e tempi; il web è pieno di dizionari on-line e di forum di traduttori; l’Università di Princeton ha sviluppato un sistema "robusto" noto con il nome “Universal word” (ulteriormente perfezionato dal Politecnico di Madrid); sono sorte realtà commerciali come Dotsub (per le traduzioni dei sottotitoli nei video) e realtà vaste come quella di http://mymemory.translated.net/ (che guarda caso coniuga traduzioni umane ed automatiche).
Personalmente credo che manchi una visione di insieme. basterebbe un mecenate illuminato per dare una grande svolta in tal senso (e personalmente trovo scandaloso che le multinazionali non abbiano ancora capito il potenziale mediatico e comunicativo insito nel fornire all'intera comunità web un valido ausilio per le traduzioni).
Allo stato attuale (che potremmo definire embrionale rispetto alle potenzialità inespresse del web), per far fare un balzo impressionante alla mitigazione del problema basterebbe anche il semplice utilizzo di uno standard di taggatura del testo scritto in modo da arricchirlo di informazioni utili alla disambiguazione del testo stesso e alla facilitazione di una sua successiva traduzione (umana o meno). L'idea sarebbe quella di permettere all'autore o ad eventuali programmi specializzati (o a un mix delle due cose) di aggiungere al testo informazioni aggiuntive di tipo semantico, logico, grammaticale, linguistico ecc... Parlo di un banale standard su cui possano lavorare volontari e aziende software e di traduzione.
In definitiva, anche senza possedere il "traduttore universale perfetto", si può far letteralmente mettere il turbo ad Internet semplicemente accelerando la circolazione dei contenuti riducendone l'attrito e i colli di bottiglia rappresentati delle traduzioni dei contenuti stessi.
Il processo qui accennato se spinto fino ad un certo livello innescherebbe meccanismi di feedback positivo: riduzione di tempi e difficoltà di traduzione comporta un aumento dei potenziali traduttori e delle traduzioni con due conseguenze, il calo dei costi di traduzione e l'aumento del numero delle traduzioni, quest'ultime a loro volta possono contribuire a migliorare l'affidabilità dei traduttori automatici basati su analisi statistiche i quali renderebbero ancora più facili le traduzioni e via dicendo. Il loop potrebbe procedere fino a giungere effettivamente ad un traduttore universale (forse non perfetto, ma sicuramente accettabile quanto basta per rendere il web realmente GLOBALE).
Ancora una volta quello che manca non sono i mezzi, ma un punto di vista per così dire... inusuale.
Per esperienza personale, comunque, posso garantirti che persino ora, una persona che conosca l'inglese ad un livello scolastico come me, può riuscire a fare traduzioni accettabili attraverso l'uso integrato di strumenti online come traduttori automatici online, siti come MyMemory e dizionari online come WordReference e forum di traduttori e linguisti.
Qui mi fermo per questioni di lunghezza.
Un saluto di cuore a Max e a voi tutti dal Panda