Parlare di Spending review temo voglia dire continuare a parlare di ciò che vogliono si parli i fanatici di opposte fazioni.
Da un lato ci sono i partiti, i governi e la politica “costituita” e dall’altro le persone comuni, le “povere vittime” (sempre rigorosamente innocenti ed ignare di tutto) con la loro "anti-politica" (che sarebbe meglio definire "anti-partitismo" oppure, in molti casi, astensionismo). Propaganda da un lato e pure dall’altro. In mezzo a queste due opposte propagande però c’è il mondo, la realtà in cui tutti noi siamo costretti a vivere. Se si parla di ciò che gridano gli opposti estremismi si finirà con l’essere costretti a schierarsi da l’una o dall’altra parte, divenendo a nostra volta parte di un estremismo. L’unico antidoto a questo meccanismo perverso è uscire dal lessico e dai discorsi imposti dagli estremisti e parlare della realtà nuda e cruda. Parliamone dunque ed iniziamo col dire che...
...l’attuale crisi (economica, finanziaria, petrolifera, ecologica e morale), ossia quella che trascina il mondo ogni giorno più giù, non è causata né dalla politica né dall’anti-politica. Per meglio dire, colpe od assoluzioni definitive non stanno né con le caste (i politici corrotti ed inetti) né con la gente comune (i consumisti/menefreghisti/auto-vittimisti). Entrambi gli schieramenti hanno gravissime responsabilità, ma il fulcro su cui fa leva lo sfacelo è un altro. La corrruzione da un lato e l'iper-consumismo dall'altro sono sintomi, non cause del colasso in atto.
Chi allora dovrebbe sedere al tavolo degli imputati? Il denaro, ovviamente! Inteso qui come sistema monetario in senso lato, è proprio lui il carnefice. Per quanto possa suonare ovvio e moralistico, va detto che il sistema basato sullo scambio di moneta si è espanso nel corso del tempo oltre ogni ragionevole limite, travolgendo e snaturando qualsiasi aspetto della vita umana. Dalla nascita alla morte, dalla spiritualità al corpo, dal DNA alle montagne, niente e nulla sfugge al dominio del denaro. L'attuale cultura globale è di fatto una cultura del denaro. Siamo illusi che le ideologie siano morte solo perchè l'unica superstite l'abbiamo abbracciata così strettamente da incorporarla nel nostro modo non solo di pensare, ma di percepire ed intuire. Nel corso dei secoli, il denaro ha invaso istituzioni d'ogni tipo, assoggettando anche l'immaginario e la cultura di massa alle proprie logiche. Le devastazioni e le atrocità dell'ultimo secolo e mezzo sono tutte figlie di questa cultura del denaro. Stiamo parlando di un monolito ideologico granitico, tanto forte ed ingombrante che nessuno pare più fare caso a lui. Come l'aria che respiriamo. Il denaro lo si accetta più o meno volentieri, ma per lo più lo si ignora, assumendolo come un dato di fatto da cui partire.
Il denaro è un imputato strano. Innanzitutto non è umano, non ha emozioni, non ha idee nè intenzioni. Non è interessato a mediazioni e non conosce la moderazione. Non è il male assoluto. È una cosa. Un'idea tossica e ossessiva. Un virus cognitivo a cui l'essere umano non riesce ad immunizzarsi. Contagioso ed apparentemente incurabile. L'ossessione pazzesca di far salire a tutti i costi un numero da cui ci si lascia vigliaccamente illude che possa dipendere la propria felicità.
L’unica rivoluzione sensata ed auspicabile attualmente è quindi quella contro l’uso e la circolazione del denaro. So che può suonare assurdo, utopico e pazzesco, ma, se non lo apparisse, che idea rivoluzionaria sarebbe? Viviamo in un mondo in cui si muore di fame, ma in cui non è il pane a mancare. Manca l'equità nel distribuirlo. Il problema è che non c’è interesse a produrre e/o distribuire il pane fuori dal circuito monetario. Se lo si fa, per definizione, si fa beneficienza ossia qualcosa di marginale per quanto lodevole possa essere. La beneficienza non è autosostenibile. Purtroppo quel che vale per il pane vale quasi per qualsiasi altra cosa. Eppure, diversamente da quanto ritengono i più, non sono le buone intenzioni a mancare. Quel che manca è il coraggio, la fantasia e l’impegno necessari ad opporsi all’avidità monetaria che domina tutti noi come individui e come società. Visto che la stragrande maggioranza delle persone del pianeta (che lo ammettano oppure no) sembrano assolutamente convinte che chiunque sia disposto a fare quasi qualsiasi cosa per il denaro e che per di più questo conduca alla felicità (od ad una minore infelicità), una paternale moralistica sull’avidità sembra decisamente fuori luogo e deficitaria rispetto ai danni di cui stiamo parlando. Siamo dinnanzi ad un problema sistemico e come tale dovremmo trattarlo. Un problema chiamato eufemisticamente denaro.
Il denaro serve a favorire gli scambi in un’economia dominata dalla scarsità. Quasi tutta la storia dell’umanità è stata pervasa da una scarsità di risorse sistemica. Una situazione che ha giustificato e favorito l’affermarsi del denaro e della cultura che ne deriva. La scarsità di risorse è però stata drasticamente ridimensionata dai progressi tecnologici e dai combustibili fossili. L’effettiva portata di tale miglioramento è ampliamente sottovalutato. Il sistema monetario, infatti, ha reagito all’abbondanza creando una scarsità artificiale fatta di discriminazioni sociali, guerre, obsolescenza programmata, bisogni indotti ed iper-sprechi sistemici. Ci definiamo una società consumista, ma siamo peggio, siamo una società degli sprechi. Al di là dei bei discorsi su efficienza, meritocrazia e risparmi energetici, nessuno sembra voler ammettere che la maggioranza di noi sopravvive solo perché ha un lavoro che si sostiene (quando ancora ci riesce) inducendo o favorendo lo spreco altrui. Lo spreco non è quindi un’inefficienza sporadica del sistema bensì una sua necessità intrinseca: una necessità volta a generare un mostruoso giro di moneta il cui unico effetto è quello di accumularsi progressivamente presso chi detiene posizioni dominanti all’interno del sistema.
Gli utra-ricchi, i plurimiliardari o comunque preferiate chiamarli, alla stregua di lardosi ed obesi bulimici, non sanno far altro che divorare quanti più soldi (altrui) possibili. Da veri malati di mente quali sono, sono pronti a tutto per sfamare la loro insaziabile voracità. E stiamo parlando di una voracità che ha travalicato da tempo le possibilità materiali del pianeta su cui viviamo. Quando queste persone non sono intente a impoverire la popolazione mondiale, quando non s’abbuffano, il loro tempo lo passano a giustificarsi (dinnanzi agli altri ma soprattutto dinnanzi a sé stessi) e ad essere infelici, profondamente infelici (e non di rado a suicidarsi o a spegnersi lentamente in eccessi d’ogni tipo).
Il sarcasmo che spesso circonda frasi "fatte" come "i soldi non danno la felicità" e "anche i ricchi piangono", denotano una totale ignoranza della popolazione sulla distribuzione della felicità in base al reddito. Se è vero che la felicità cresce rapidamente in funzione di aumenti del reddito in prossimità di redditi bassi, è altrettanto vero che, oltrepassata la soglia di un agiato benessere, gli incrementi di felicità all'aumentare del reddito raggiungono un rapido appiattimento e poi una discesa. Molto semplicemente, l'immaginario popolare rappresenta i "ricchi sfondati" come gente che se la spassa alla grande solo perchè la maggior parte della popolazione è povera e perchè questo immaginario è utile al sistema-denaro per perpetuarsi. Le ricerche scientifiche di decenni dipingono una realtà tristemente banale: essere eccessivamente poveri o eccessivamente ricchi non è un bene per nessuno ed una società che ingloba entrambe gli estremi è il peggio che ci si possa attendere. Chi l'avrebbe mai detto?
Gli ultra-ricchi non sono amati più dei “ciccioni” (gli ultra-grassi), ma a differenza di quest’ultimi sono invidiati. La maggioranza di noi sogna di far parte di quell’élite di malati, il che non ci rende meno malati di loro. Il problema è culturale. Siamo come un alcolizzato, prima di risolvere il problema della propria dipendenza dobbiamo iniziare a renderci conto di essere dei tossicodipendenti. Per l’alcolizzato il problema è l’alcol, per il pianeta il problema è il denaro, il denaro così com’è oggi: senza freni, né regole, né limiti. Se vogliamo reagire e crearci delle difese dobbiamo prima renderci conto di avere un problema di dipendenza e quindi decidere d’agire di conseguenza. Per far ciò serve una cultura che ancora stenta ad affermarsi e mancano del tutto proposte politiche concrete in tal senso. Come per l'uscita dalla tossicodipendenza si tratta di una strada tutta in salita, ma è fattibile. Insieme è fattibile.
Le alternative non mancano. Manca la volontà di cambiare, per ora.
O forse no? Forse manca solo il coraggio di separarsi da una dipendenza psicologica ormai storica e cronica. Forse c'è solo la paura di sentirsi come degli stolti Don Chisciotte. Forse si teme di perdere dei privilegi, di perdere la faccia.
Per come vanno le cose ora, sarebbe però meglio aver paura di perdere la vita e di rovinarsela collettivamente. Siamo un pianeta suicida e siamo già sull'orlo del baratro. Mi vien voglia di gridare...
Non buttarti!!!
Buon futuro a tutti dal Panda
Nessun commento:
Posta un commento