domenica 19 giugno 2011

L'ingegneria di Gandhi



Il video qui sopra (tratto da TED e sottotitolato anche in italiano) non è solo interessante in sè stesso, ma ancor più interessante se confrontato con il cosiddetto modello Marchionne, o meglio ancora con ciò di cui tale modello non sembra occuparsi. Vediamo un po'...

... premesso, com'è ovvio che sia, che tutto quel che segue non è altro se non l'opinione personalissima e discutibilissima del vostro affezionato Panda, ecco la sua posizione in merito:


Il modello Marchionne sembra raffigurare un modo di intendere la produzione industriale come secondaria rispetto alle opportunità del mercato finanziario. Il modello Marchionne inoltre sembra considerare il mondo del lavoro e le sue esigenze come secondario rispetto a quello della produzione. Al di là di tutto, comunque, nei fatti il modello Marchionne dipinge il mercato economico come un posto di selvaggia e spietata concorrenza in cui tutto e tutti sono sacrificabili al dio denaro. L'idea secondo cui, per salvarsi, bisogna farsi umili ed inchinarsi al cospetto del dio denaro senza porregli mai nessuna obiezione, è il modo subdolo ma rodato con cui le insaziabili avidità di pochi tentano di convincere i molti a consegnare loro "tutto e subito". Il ricatto, la prepotenza e l'arroganza sono doti di primaria importanza o quantomeno logiche ed accettabili strategie in un confronto che accetta quell'idea. Accettare l'idea con titubanza oppure con entusiasmo non cambia nulla nella sostanza. La paura e la speranza altrui, unitamente alla propria totale mancanza di remore, sono gli strumenti del mestiere per chi è costretto a far credere a consumatori, investitori, politici, sindacati e lavoratori dipendenti di possedere una severa ma sana visione industriale. Ciò dovrebbe essere ancor più vero quando tale esigenza di credibilità è dettata non tanto dall'ansia di costruire quanto dal fatto che in realtà si desidera unicamente cogliere un'incredibile e morbosa opportunità di speculazione finanziaria. A ben vedere però, col modello Marchionne si è persino andati oltre, poichè, in effetti, non c'è più nessun bisogno reale di essere convincenti sul piano della strategia industriale, basta minacciare l'istantanea ed incondizionata chiusura dell'attività col suo eventuale trasferimento all'estero. La distruzione dei rapporti industriali, sindacali, politici ed economici dei paesi che ospitano le società di questi "nuovi" manager, non sono una sciagura, nè un disastro, nè una preoccupazione, non per loro almeno. Questi "danni collaterali" rappresentano al più una seccatura lungo il cammino che porta queste persone ed i loro protettori ad incassare il lauto frutto delle proprie speculazioni. Speculazioni forse illecite, ma sicuramente legali, dal momento che persino la politica pare totalmente e pateticamente impotente, ostaggia e distratta. Come noto, le speculazioni finanziarie esasperate, in sé, non creano nessuna ricchezza, nè nessun bene materiale. Verrebbe da dire che l'unica cosa che le operazioni finanziarie di tal fatta generano è quella di spostare enormi quantità di ricchezza (già esistente) dalle tasche di moltissimi soggetti a quelle di pochissimi. Qualcuno potrebbe persino considerarlo un furto, se non fosse per il fatto che, già da tempo, i "ladri" in questione si sono comprati  leggi, politici, magistrati, avvocati, sindacati, giornali, servizi segreti, ecc...
Per quanto si possa pensar male di tali operazioni, tutto quel che si può dire è che, se sono dei furti, allora sono senz'altro dei furti legalizzati e tutelati dalle leggi nazionali ed internazionali.

Se questo fosse l'unico effetto del modello Marchionne, si tratterebbe di un'enorme ingiustizia, ma nulla di nuovo. Purtroppo questo non è evidentemente l'unico effetto provocato dal modello Marchionne. Impoverire interi stati ed innalzare la disgregazione sociale oltre ogni limite mai visto prima, è evidente che deteriorerà rapidamente ed irrimediabilmente l'economia reale che è e sarà sempre l'unica vera fonte di ricchezza del pianeta. Distribuire la ricchezza esistente in modo iniquo, ma sopportabile è ingiusto, ma distribuire la ricchezza esistente in modo iniquo ed insostenibile non è solo ingiusto è suicida, è come il parassita che uccide il corpo che lo ospita prima di avere la possibilità di migrare altrove. Il modello Marchionne, al di là del successo con cui si sta innegabilmente spandendo, è l'accettazione del suicidio del capitalismo, un'accettazione catatonica da parte di una società instupidita ed impigrita oltre il dovuto. Si tratta di una società non più in grado di dialogare seriamente nè tantomeno di strutturarsi all'unico livello cui sarebbe ora necessario, quello globale. Si tratta dell'accettazione del suicidio del capitalismo da parte di una società privata dei mezzi di reazione e quindi non in grado di controbilanciare le spinte al collasso. Di fatto si potrebbe dire che il capitalismo sia già morto e defunto ormai da tempo, sostituito da un consumismo ultraliberale, ultraesasperato ed insostenibile sotto tutti i punti di vista. Già ora viviamo in una sorta di ultraconsumismo schiavo di una finanza drogata, schizzofrenica e, di fatto, ormai padrona del mondo intero. Il modello Marchionne non è una nuova visione strategica, nè un male necessario e neppure un'ingiustizia o un errore insolito (se non per dimensione). Il modello Marchionne è il sintomo di un sistema economico fuori controllo da parte di qualsiasi organizzazione nazionale od internazionale che sia, è il sintomo del peggior incubo catastrofista in ambito economico, è il sintomo del sistema che, avendo ormai divorato quasi tutto ciò che si poteva divorare e non avendone ancora abbastanza, inizia ormai a divorare persino sè stesso.

Il modello Marchionne non sposterà il cuore, il cervello od altri organi della FIAT da Torino a Detroit, nè salverà la FIAT o la Chrysler, nè rilancerà l'innovazione o la competitività di nessuno al mondo. Non è con le battute d'effetto che si costruiscono e mantengono gli imperi industriali. L'unico effetto concreto che questo modo di vedere le cose comporterà, sarà quella di far agonizzare questi colossi (FIAT e Chrysler), speculandovi oscenamente sopra ed incassando al contempo larghe ed improprie concessioni politiche e sociali mosse dalla vana speranza che ciò serva a salvare il salvabile. Il salvabile non sarà salvato, ma in cambio le concessioni creeranno un precedente in cui tenterà di infilarsi il mondo. L'indebolimento eccessivo della classe lavoratrice e del sindacalismo che la rappresenta da una parte e dei sistemi politici dall'altra hanno aperto il vaso di Pandora. Richiuderlo non sarà affatto semplice.

La morte di FIAT e Chrysler è incisa a lettere di fuoco nella leadership che esse stesse hanno generato e nella politica suicida che le contraddistingue. Quando la speculazione sarà andata a termine ed i centri di eccellenza italiani saranno stati cancellati nella vana speranza di replicarli (almeno in parte) oltreoceano, quando i consumatori di america ed europa saranno portati alla fame e il loro sogno fisso sarà una pagnotta di pane e non un'automobile, quando la competitività internazionale avrà sterminato le ultime tracce di sindacalismo e coesione sociale, quel che rimarrà sarà solo la cenere e FIAT e Chrysler dovranno a confrontarsi con colossi quali la TATA e molti altri che, nel frattempo, avranno avuto modo di divenire molto più agguerriti e potenti sul piano dell'offerta di prodotti reali. A FIAT e Chrysler rimarrà una bancarotta preannunciata e strascicata da anni. Null'altro. Al resto del mondo rimarrà un ambiente più inquinato, ingiusto, arrabbiato e povero.

A chi pensa che il modello Marchionne sia un male necessario, il Panda augura di cuore un buon risveglio, ossia un risveglio, tra qualche anno, non troppo traumatico da questi "sogni" di falso pragmatismo, illuso ed ingenuo machismo mischiati ad un tecno-ottimismo da appassionati di fantascienza. Possibilmente, a tutti coloro che pensano che, in fondo in fondo, qualcosa di buono (prima o poi) il modello Marchionne lo porterà. il vostro affezionato Panda augura un risveglio privo di crampi per la fame ed un mondo reale ancora abbastanza vivibile e tollerabile, nonostante gli immani disastri economici, climatici ed ecologici che, da sempre, questi patetici "sogni" provocano al pianeta Terra. Come sosteneva Gandhi ed ognuno in cuor suo sa già perfettamente, "nel mondo c'è quanto basta per le necessità dell'uomo, ma non per la sua avidità".


Un saluto a tutti dal Panda, aspettando con trepidazione il giorno in cui, finalmente, daremo tutti addio alle nostre stupide e superflue avidità.

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