Diverse volte, nel corso degli anni, il vostro affezionato Panda, s'è scagliato contro l’eccesso di consumo di carne e l'allevamento intensivo di bestiame, in particolar modo per quanto riguarda i bovini. Emissioni di metano, problemi di salute pubblica insostenibili, trasformazione di vaste porzioni di foresta in pascoli, scarsa resa in termini di conversione rispetto ad altri tipi di allevamenti (gli insetti in primis), ecc...
Il video della presentazione fatta da Allan Savory a TED (riportato qui sopra e sottotitolato in italiano), sembrerebbe quindi una contraddizione con quanto sostenuto finora dal vostro Panda. Eppure saluto questa lungimirante esposizione con gioia e speranza. Nessuna contraddizione, ma bisogna stare attenti, perché il diavolo si nasconde nei dettagli. Vediamoli dunque...
Il consumo di carne bovina, di norma, ha un altissimo impatto ambientale, ma esiste un’importante distinzione da fare. Esistono allevamenti intensivi in zone con precipitazioni relativamente abbondanti e costanti nel corso dell’anno destinati al ricco (ed obeso) mercato nei paesi occidentali ed esistono tecniche di allevamento di sussistenza in zone caratterizzate da un netto alternarsi di periodi di siccità e stagioni delle piogge (tipici di molti paesi assai meno benestanti). Quest’ultime regioni sono caratterizzate da estremo rischio di desertificazione ed elevato tasso di povertà (quindi anche un consumo relativamente contenuto di carne pregiata). Questa distinzione parrebbe cosa di poco conto, se uno non fosse a conoscenza del metodo d’allevamento del bestiame escogitato dal buon Allan e delle sue pregevoli conseguenze.
Benché marginali dal punto di vista economico, queste vaste terre a rischio desertificazione ricoprono complessivamente un’estensione immensa di tutte le terre emerse. Dal punto di vista ecologico, climatico e persino umano, hanno quindi una grandissima importanza. Applicare il metodo di allevamento del bestiame descritto da Allan Savory, vuol dire aiutare le popolazioni più povere ad emanciparsi e contemporaneamente quelle terre a “rinascere” (letteralmente) e, come se già non fosse abbastanza, vuol dire anche aiutare il pianeta intero a salvarsi dai cambiamenti climatici e dalle sue conseguenze (guerre per l’acqua e quant’altro). Altrettanto però non può essere detto per terreni con caratteristiche climatiche ed economiche differenti da quelle indicate da Allan, né per allevamenti “classici” di tipo industriale.
Quel che è giusto in certe condizioni non lo è in altre: il contesto è molto importante. Trascurare il contesto non è saggio.
Guardando al contesto più ampio possibile (quello globale) mi sorge quindi un dubbio: cosa accadrebbe se le giuste pratiche agricole/alimentari fossero rispettate ovunque tenedo conto delle specifiche situazioni climatiche, ecologiche ed economiche di ciascun posto? Cosa accadrebbe cioè se si facesse esattamente l’opposto di quel che ha fatto l’industrializzazione degli ultimi due secoli con la sua omologazione e specializzazione galoppante?
Immaginiamo per un attimo che l’umanità intraprendesse con forza e convinzione le seguenti iniziative politiche di massa:
- una forte riduzione del consumo di carne bovina nei paesi ricchi (vedi qui e qui);
- un aumento massiccio delle grandi mandrie gestite col modello di Savory (quindi nè allevamenti in senso occidentale, nè in termini di pastorizia tradizionale)
- una forte espansione dell’agricoltura urbana (verticale e non, in qualsiasi posto, persino nel Bronx);
- un ampio sostegno culturale e finanziario alla gastronomia basata sugli insetti (e di altri sistemi efficienti come l’acquaponica);
- una transizione agricola dalla monocultura industriale (ad elevato sfruttamento del suolo tramite massicci interventi chimico/meccanici), verso un’agricoltura di tipo permaculturale;
- una lotta senza quartiere agli sprechi alimentari;
- una guerra alla deforestazione (alla Willie Smits oppure alla Paolo Lugari e, perché no, persino alla Mulai o alla Felix Finkbeiner)
Cosa pensate accadrebbe al mondo?
Cose belle, ovviamente.
Allora mi chiedo, a parte l’ignoranza e la resistenza a qualsiasi tipo di cambiamento, cosa c’è di veramente impossibile in quell’elenco?
Qualcuno pensa veramente che l’umanità sia riuscita ad andare più volte sulla Luna, ma non sia assolutamente in grado di piantare in modo sensato dei vegetali?
Comunque la pensiate, credo vi sia un “trucco” che può facilitare grandemente questo percorso: una visione d’insieme (od olistica se preferite). Se si adotta una visione olistica, infatti, non esistono azioni buone o cattive in assoluto, ma solo adatte o inadatte a seconda del contesto. Visto che in natura sopravvive solo chi è adatto e che noi esseri umani, volenti o nolenti, facciamo parte della natura, sarebbe proprio l'ora di rivalutare l’olismo. Dopo la giusta scorpacciata di specialismi che, nel bene e nel male ci hanno portati dove siamo, è ora di riscoprire una visione più interdisciplinare e meno dogmatica della tecnologia, dell'economia e persino dell'agricoltura.
Perché?
Ma per sopravvivere ovviamente!
Buon futuro a tutti dal Panda
Sembra vi sia stata un'ignoranza totale sul perche' ed il percome del fenomeno di desertificazione e che per cercare di combatterlo siano state fatte molte cose controproducenti. Questo non sorprende affatto dato che l'ecologia ed il suo rapporto con i processi fisici e biofisici della terra e' un campo di studio relativamente recente. Adesso, che alcune cose si sono forse finalmente capite rimane (secondo me come sempre) (e prima di poter dichiarare che queste nuove conoscenze ecologiche- scientifiche potranno salvarci) la parte dell'implementazione concreta.
RispondiEliminaCioe' quanti anni e quanti soldi e quante capacita' tecniche ed umane in quanti posti ci vorranno o ci vorrebbero per convertire tutte quelle terre adesso in vari stati di desertificazione -le quali si trovano un po' dappertutto nel mondo - ai sistemi ed ai metodi spiegati da Allan Savory nel video?
Ed a quale velocita' stanno continuando a crescere o ad aumentere i cambiamenti climatici dovuti sia alle emissioni di CO2 dal carbone e dal petrolio che stiamo bruciando, PIU' quelle dovute ai processi di desertificazione altrettanto importanti cosi' come spiega Savory?
Se la prima cosa si puo fare prima di essere sopraffatta dalla seconda saremo forse salvati. Se invece i processi dovuti alla seconda sono piu' potenti o comunque piu veloci nel manifestare i loro effetti, le idee di Savory e le prime esperienze fatte della loro applicazione, rimarranno solo delle ottime idee che purtroppo ci sono arrivate un po' troppo tardi.
Una cosa e' la scienza, l'interdisciplinarita' ed ecc ecc. Un'altra cosa e' la capacita di implementazione concreta dell'umanita (in vari posti e regioni) la quale richiede organizzazione, capacita' tecnica, denaro, un certo tipo di ingegnieria ed ecc. ecc. Cioe' una cosa e un'idea e dei pilot tests, ed un'altra cosa e' la sua replicazione massiccia in tutto il mondo.
Quando vedro' che quel che Savory ha capito e spiegato cosi' bene nel video si sta implementando rapidamente e massicciamente in tutto il mondo considerero' cio davvero "ultra good news che non mi aspettavo".
Caro Max,
Eliminacapisco le tue riserve. Certamente, come giustamente fai notare, una cosa è capire e fare dei test pilota e tutt’altra cosa è estendere quelle conoscenze e quei primi esperimenti in politiche su vastissima scala. Tuttavia non stiamo parlando di tecnologie complesse (tecniche di pastorizia) né di circostanze normali (rischiamo l’estinzione o quanto meno un drastico collasso della nostra attuale civiltà). Il vero problema mi pare di volontà politica e consenso popolare (utile non solo per far pressione sulla politica, ma anche per avviarsi già su quella strada senza aspettare i suoi tempi). L’economia di guerra è illuminante in questo senso: in fatto di produzione di armamenti non sono ammesse obiezioni, né questioni di costo, né d’altro tipo che non siano rilevanti al fine bellico; se funziona allora si fa; se funziona bene allora, non solo si fa, ma si fanno pure convergere tutti gli sforzi. Se siamo stati e siamo in grado di fare tutto ciò per uccidere dei nostri simili dovremmo essere in grado di fare molto di più per salvarci tutti. Con un nemico si può trattare, ci si può arrendere e sperare in atti di pietà, ma con il clima o l’esaurimento delle risorse non si può né trattare né dialogare né sperare che possano provar pietà.
L’Ultra-good-news, quindi, sta nel fatto che, continuando con l’analogia militare precedente, si sono fatte scoperte pari alla “bomba atomica” in termini di “armi” contro i cambiamenti climatici (di cui il metodo Savory è uno delle varie componenti). Ora si tratta di decidere se sviluppare questi potenti strumenti di “salvataggio globale” e di impiegarli “a tutto vapore” oppure se si preferisce far finta di niente, continuando con il solito tran-tran e confidando in altamente improbabili atti di pietà da parte di Mamma Natura nei nostri confronti.
Savory ed altri hanno aperto uno spiraglio di speranza, ma come per lo sforzo bellico, serve l’impegno di tutti. Se siamo in grado di farlo per uccidere, allora lo possiamo senz’altro fare anche per salvarci la pellaccia. Resta il fatto che ancora non abbiamo iniziato a reagire (e neppure abbiamo deciso di farlo), mentre il nemico (cambiamenti climatici ed esaurimento delle risorse), al contrario, avanza a marce forzate verso il cuore della nostra civiltà senza dover aspettare accordi internazionali o tardive prese di coscienza.
Un saluto a Max e a tutti voi dal Panda