Nella “Parte 2” abbiamo tracciato un affresco sintetico del concetto di Net-Sfera.
Nella “Parte 3” abbiamo accennato al concetto di catalizzatore.
Nella “Parte 4” abbiamo parlato di ciò che occorrerebbe per giungere ad una Singolarità Tecnologica.
Oggi parliamo dello stesso concetto espresso nella "Parte 4", ma da un punto di vista emergentista.
In generale, si considerano "emergenti" quei fenomeni che originano da sistemi complessi mostrandosi come fenomeni “nuovi ed imprevedibili”, ossia inspiegabili in base ai meri principi e leggi che regolano il funzionamento delle parti costituenti il sistema. Le proprietà esibite da tali fenomeni vengono definite "emergenti" poiché emergono dall'organizzazione del sistema, attraverso le interazioni che si stabiliscono tra i diversi livelli del sistema stesso. I complessi comportamenti di un formicaio possono essere presi a modello di un fenomeno emergente: le caratteristiche delle singole formiche, infatti, renderebbero scarsamente prevedibile l’elevata adattabilità, coerenza ed efficienza del formicaio nel suo complesso.
Anche l’intelligenza umana può essere vista come fenomeno...
...emergente che trae origine dall’interazione dell’elevatissimo numero di neuroni che compongono il sistema “cervello” da cui essa trae origine. In modo analogo può essere vista come emergente anche una futura intelligenza sovra-umana che tragga origine da Internet e più precisamente dall’elevato numero di interazioni tra uno sconfinato numero di intelligenze umane ed artificiali. Se si adotta questo punto di vista, il catalizzatore di cui si parlava nelle parti precedenti di questa serie di post, quale scopo dovrebbe avere? Beh, come avevamo già avuto modo di dire, lo scopo di un eventuale catalizzatore dovrebbe essere quello di far emergere dal web una super-intelligenza amichevole (verso il genere umano e la biosfera nel suo complesso) in tempi utili affinché essa possa risolvere gli enormi guai da noi già arrecati al pianeta e a noi stessi ed in tempi utili per evitare che il sistema stesso collassi dinnanzi a difficoltà, attriti e contraddizioni interne od esterne. La visione emergentista fornisce però uno spunto in più rispetto a quanto fin qui detto: suggerisce, infatti, anche cosa dovrebbe FARE l’eventuale catalizzatore per giungere ad un tale scopo. In chiave emergentista, invero, è palese che il catalizzatore dovrebbe rendere più numerosi e/o rapide le interazioni tra le parti del sistema. Una decina di formiche non sono un formicaio! E non lo sono nemmeno un milione di formiche prive di organi di senso oppure prive della possibilità di comunicare con le loro simili!
Il catalizzatore dovrebbe favorire l’aggregazione delle singole parti che compongono il sistema (gli utenti, l’hardware ed il software del web), ma dovrebbe anche favorire l’interazione tra le parti. Come per le formiche che “ambiscono” ad essere un formicaio, così anche per gli utenti che “ambiscono” ad essere una super-intelligenza serve COLLABORAZIONE! Quando si parla di collaborazione, tuttavia, noi esseri umani tendiamo ad arricchire il concetto di un substrato morale che rischia di sviarci. La collaborazione umana è profondamente legata all’empatia (è vero), ma ciò non rappresenta la collaborazione nella sua interezza, bensì solo quella piccola parte che si confà alla nostra natura di animali sociali. Istintivamente, quando parliamo di collaborazione, ci viene da pensare ad una “buona azione” anziché ad un meccanismo. La collaborazione tra formiche, ad esempio, dubito fortemente che implichi un coinvolgimento morale ed emotivo da parte di quei meravigliosi esserini. Per loro la collaborazione ha basi genetiche e chimiche, ossia si fonda sulla condivisione di uno standard biochimico che le accomuna ed ha il risultato finale di farle agire in modo apparentemente coordinato e... collaborativo.
Un catalizzatore che debba agire sul web, che tipo di collaborazione dovrebbe favorire? Beh, esseri umani, l’hardware ed il software che compongono il web sono più variegati e complessi delle “semplici” formiche, ma per potersi coordinare a vicenda anch’essi hanno bisogno di comunicare ed interagire agevolmente. La comunicazione per il web è una comunicazione informatica, neuronale e semantica anziché biochimica, ma il concetto non cambia: se si affiancano formiche con un diverso corredo genetico, chimico e di feromoni, per quanto numerose possano essere, tali formiche non formeranno mai formicaio. Le formiche possono essere operaie, guerriere o regine, ma tale diversità è funzionale anziché problematica fintanto che condividono una biochimica comune che permetta loro di interagire in modo appropriato e funzionale. Analogamente utenti, software ed hardware incapaci di interagire in modo “appropriato e funzionale” non formeranno mai una super-intelligenza, anche in presenza di miliardi di utenti connessi online.
Nelle parti precedenti di questa serie di post dedicati alla Singolarità, abbiamo accennato alla possibilità che il catalizzatore possa essere uno strumento in grado di abbattere o ridurre drasticamente il problema del multilinguismo così da favorire lo scambio di idee sia in termini di tempi di circolazione sia in termini di probabilità di contaminazione (con conseguente generazione di nuove idee). Per accrescere ancor più questo concetto, si può ora immaginare il catalizzatore come un “ambiente” in cui singoli utenti, ma anche gruppi diversi di utenti, si scambiano “utilità cognitiva” in modo efficiente. Si immagini, ad esempio, gruppi di matematici che offrono soluzioni a problemi enunciati da utenti privi di tali competenze e che ricevono a loro volta informazioni e conoscenze che esulano a loro volta dal loro campo d’azione preferito, la matematica appunto. Si immagini poi che questo schema si ripeta per tutte le possibili aree del sapere umano. Si immagini che qualsiasi elemento, scoperta, nozione così prodotta venga immediatamente resa disponibile per chiunque per qualsiasi utilizzo, modificazione od ottimizzazione chiunque altro desiderasse apportare. Si immagini cioè una vasta comunità meravigliosamente variegata per competenze, talenti ed interessi, ma accomunata in modo “appropriato e funzionale” da una cultura Open Source generalizzata, interdisciplinare e ricorsiva. Si immagini cioè un’immensa comunità Open Source dove non solo le idee scorrano libere, ma siano anche rese disponibili e di facile accesso e comprensione in modo sistemico ed interdisciplinare.
Il grande George Bernard Shaw una volta disse: “Se tu hai una mela, ed io ho una mela, e ce le scambiamo, allora tu ed io abbiamo sempre una mela ciascuno. Ma se tu hai un'idea, ed io ho un'idea, e ce le scambiamo, allora abbiamo entrambi due idee”.
Pensate questo meraviglioso concetto moltiplicato per centinaia di milioni di volte da parte di soggetti che non si scambiano pettegolezzi, battute di spirito o vane chiacchiere, ma precisi favori intellettivi a fronte di altrettanti ben precisi scopi intellettualmente “utili”. Una sorta di Wikipedia estesa non più solo alle “fredde” nozioni, ma anche alla persuasione, alla ricerca scientifica, al problem solving, alla raccolta dati, alla capacità di elaborazione, alla creazione di standard, alla generazione di software ed hardware condivisi, all’interazione sociale, all’auto-miglioramento, alla solidarietà, all’innovazione, ecc… ecc… ecc…
Il tipo di catalizzatore che il vostro affezionato Panda vorrebbe veder “emergere” e tenta, nel suo piccolo, di far emergere, ha queste caratteristiche, queste dimensioni e queste ambizioni. Tutto esageratamente grande e complesso, lo so! Proprio come parrebbe un formicaio agli occhi di una minuscola ed umile formica. E con questo il vostro umile Panda vi saluta.
Buon futuro a tutti dal Panda
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